Ogni relazione vive di due dinamiche, ugualmente vitali e necessarie, di due movimenti che animano il legame e che danno stabilità e futuro al rapporto: la reciprocità e la gradualità. La cosa singolare è che questi due termini o vanno insieme o non vanno: non si dà rapporto vivo che non sappia articolare insieme questi due polarità, in modo certo unico ed indissolubile. Quando manca uno di questi poli il legame è destinato ad estinguersi. Vale, pur con modalità differente, per i rapporti amorosi, quelli amicali, quelli genitoriali o familiari o qualunque tonalità essi assumano.
La gradualità è l’antidoto migliore contro quella voglia tutta umana di avere tutto subito, quella tentazione che ci fa pensare “o tutto o niente”. Siamo tutti, più o meno, portati ad usare una logica binaria, zero-uno, buono-cattivo, si-no, dimenticandoci che ogni relazione è un viaggio in cui non bisogna mai confondere il punto di partenza con la meta. Questo singolare viaggio nasce sempre dal presentimento (mai da una certezza!) che qualcosa di buono possa nascere e dalla disponibilità a mettere un passo dopo l’altro, giorno dopo giorno, mese dopo mese, sopendo quell’insana tentazione che ci vorrebbe già arrivati a destinazione in pochissimo tempo. La gradualità allora è lo stile di chi accetta ed onora i piccoli passi, le modeste progressioni, quegli avanzamenti fragili che rappresentano comunque un modo per non restare fermi. La gradualità assomiglia molto all’arte ormai dimenticata del rammendo, dove le cose si fanno e rifanno con pazienza, dove l’obiettivo non è avere un maglione perfetto ma uno che scalda e che ripara dal freddo. In fondo credo che il vero nemico di ogni amore e di ogni amicizia sia la pretesa della perfezione, quella tentazione per cui si vorrebbe che tutto fosse in ordine e che tutti i conti tornassero con millimetrica precisione. Chi ha qualche capello bianco in testa sa bene che i legami sono esattamente quei luoghi in cui approssimazione, incertezza, incomprensioni ed imprecisioni sono la materia prima su cui si costruisce il tutto.
Come l’altra faccia della stessa medaglia, la gradualità non può prescindere dalla reciprocità: non esiste legame che non sia un movimento, per quanto squilibrato ed imperfetto, di dono e ricezione, di accoglienza e sbilanciamento verso l’altro. Il legame nasce quando due persone fanno un passo l’uno verso l’altro, con coraggio e fiducia. I due passi non devono essere necessariamente della stessa intensità: si sa che non ci si incontra mai a metà strada, talvolta il tragitto dell’uno è più lungo dell’altro o viceversa. E tuttavia che si tratti di un chilometro, di un metro o anche solo di un centimetro c’è un grosso o piccolo passo che resta in carico all’altro. La reciprocità esige che, tanto o poco, ciascuno si muova e tenti di avvicinarsi. La cosa straordinaria, e spesso assai dolorosa, è che, per quanto grande sia la nostra disponibilità ed il nostro affetto, non ci si può sostituire all’altro: quel passo è solo suo e di nessun altro. Il cuore della reciprocità non sta nell’esatta equivalenza degli affetti o nell’uguale investimento emotivo, ma nell’esperienza che l’altro, per quanto può e come può, si mette in gioco, fa la sua parte, muove il suo passo.
Che strano intrigo sono i nostri legami! Come ricette mai scritte una volta per tutte in un libro, essi si affidano alla sapienza e all’arte di chi ne è coinvolto e alla capacità mischiare tutti gli ingredienti con un po’ di azzardo e, talvolta, di fortuna.









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