adoro questi volti…

Che belli i visi sorridenti dei giovani del gruppo che accompagno! La loro foto, condivisa da un profilo all’altro, si diffonde sui social come un’onda infinita di allegria e amicizia. Sono sguardi radiosi e luminosi, sguardi che puoi avere solo se hai vent’anni e tanta vita davanti. C’è una freschezza contagiosa stampata su quei volti, il senso di un domani che arriva come una promessa di realizzazione, di vita piena e soddisfacente. Sì, nei loro occhi c’è vita, una vita esuberante e travolgente che trasuda da ogni poro, una vita che chiama altra vita, desiderosa di incontro, intimità, compagnia e comunione.

Confesso che passerei ore a osservare le loro espressioni singolari, i gesti e le posture, quell’essere ammassati insieme perché così la vita fa meno paura. Amo spostare l’attenzione da un viso all’altro, cercando di intuire un pensiero, un presentimento, un’emozione che attraversava le loro anime al momento dello scatto.

Stanno lì, abbracciati l’uno all’altro, perché il calore dell’amico vicino infonde coraggio e sicurezza, orgoglio e senso di appartenenza. In quella affollata istantanea, celebrano la bellezza dell’incontro, la gioia dello scambio, la dolcezza del camminare insieme.

Eppure, chi li conosce bene sa che il loro sorriso è tutto tranne che superficiale o scontato; non è una vaga apparenza né una maschera ingenua. Dietro ogni volto c’è un percorso, fatto di salite e discese, di fatiche e delusioni, di attese non sempre soddisfatte. L’allegria dell’incontro non nasconde le mille fragilità, le insicurezze, le ferite nascoste, i desideri in cerca di casa, le aspirazioni che lottano per diventare vita.

Forse sono proprio queste imperfezioni al di là della superficie che rendono quell’immagine affascinante e seducente. Non è un’istantanea da fotoromanzo, né una scena da soap opera o un capitolo di un romanzo rosa. È vita vera, concreta, tangibile; vita ordinaria che conosce l’ebbrezza delle vette e lo smarrimento degli abissi, che affronta tempeste e bonacce, cercando la sua rotta per lasciare il porto e avventurarsi nella vastità dell’oceano.

Amo quei volti e quei sorrisi, perché so che non nascono spontaneamente come l’erba dei campi, ma sono i teneri frutti di una lontana semina e di faticose coltivazioni che hanno sopportato la rigidità dell’inverno e la calura dell’estate.

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