I recenti dati raccolti dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, legato all’Università Cattolica, permettono una riflessione profonda sul rapporto tra i giovani e la fede. Paola Bignardi, pedagogista, ex-presidente nazionale dell’Azione Cattolica e co-autrice dell’indagine, ha presentato i risultati qualche sera fa a Sant’Angelo Lodigiano. La ricerca esplora la sensibilità religiosa delle nuove generazioni, evidenziando aspetti trasformativi che stanno ridisegnando il panorama spirituale giovanile.
Lo studio offre uno sguardo chiaro su un fenomeno in rapida evoluzione: dal 2013 al 2023, la percentuale di giovani italiani che si dichiarano cristiani cattolici è precipitata dal 56% al 32%. Ma il dato più sorprendente riguarda le giovani donne, tra cui la presenza nelle chiese è crollata dal 61% al 33%. Questo drammatico decremento solleva interrogativi su un potenziale abbandono accelerato rispetto ai loro coetanei maschi.
I dati numerici ci offrono una fotografia precisa ma fredda di una realtà complessa. Quello che emerge chiaramente è che non siamo semplicemente di fronte a un abbandono della fede. Piuttosto, stiamo osservando un indebolimento delle comunità cristiane stesse, incapaci di trattenere i giovani. Infatti, approfondendo oltre i numeri, scopriamo che il legame con la fede non è completamente spezzato; la ricerca di spiritualità persiste, anche se non trova sempre risposte nelle tradizionali strutture ecclesiali.
Molti dei giovani intervistati hanno attraversato il classico percorso del catechismo, evidenziando, nelle loro narrazioni, sentimenti comuni di noia e insoddisfazione. In molti ricordano la formazione religiosa come un susseguirsi di lezioni nozionistiche e poco coinvolgenti, in cui l’apprendimento meccanico sostituisce l’esperienza emotiva e personale della fede. Questo approccio non riesce a soddisfare le esigenze spirituali e intellettuali dei giovani, portando molti a cercare risposte altrove.
Un numero significativo di giovani, insoddisfatti del rigido approccio educativo, decide di abbandonare il sentiero tradizionale durante l’adolescenza. Questo periodo critico diventa un momento di ristrutturazione dell’identità personale e religiosa, in cui le domande esistenziali si fanno più pressanti e la capacità delle strutture religiose di offrire risposte si dimostra spesso inadeguata. In queste circostanze, la decisione di distaccarsi dalla Chiesa non è una mera ribellione, ma il risultato di una riflessione critica e profonda.
Non tutti coloro che si allontanano dalla Chiesa abbandonano la fede. Al contrario, molti intraprendono un viaggio alla ricerca di una connessione spirituale più autentica e intima. I giovani cercano un Dio che risuoni nella loro interiorità e che possa essere incontrato attraverso emozioni personali e relazioni significative. La fede che desiderano non è mediata da figure autorevoli, ma deve sorgere nella loro interiorità. La domanda centrale non è più “Dio esiste?”, ma piuttosto “Dio può entrare in relazione con me?”. Questo cambio di prospettiva sottolinea l’importanza dei legami emotivi e della spiritualità vissuta come esperienza personale e non imposta.
Il cammino verso una nuova spiritualità è spesso accompagnato da un profondo senso di solitudine. I giovani esprimono un forte desiderio di appartenenza e confronto, che non trova risposte nell’attuale impostazione ecclesiale percepita come distante e talvolta giudicante. Le comunità religiose, impegnate in attività frenetiche e pragmatiche, sembrano perdere la capacità di rispondere all’esigenza di introspezione che caratterizza la spiritualità dei giovani d’oggi. Questo distacco può portare a un isolamento spirituale che aliena ulteriormente i giovani dalla partecipazione alla vita comunitaria.
I giovani sembrano cercare una Chiesa che non sia solo luogo di culto, ma un rifugio accogliente e non giudicante. C’è un desiderio crescente di una Chiesa capace di dialogare apertamente e sinceramente con tutti, che sia inclusiva e pronta a mettersi in relazione con il mondo contemporaneo. La percezione della Chiesa come un’istituzione “vecchia” e “lenta” riflette una distanza avvertita tra il messaggio religioso e le necessità delle nuove generazioni. La sfida è grande: sviluppare un linguaggio e uno stile di comunità che siano autenticamente moderni, comprensibili e accessibili a tutti.
L’analisi delle testimonianze suggerisce che ci troviamo di fronte a una metamorfosi del credere, piuttosto che a una semplice rinuncia alla fede. Il modo in cui i giovani vivono la loro spiritualità riflette i cambiamenti antropologici in atto, caratterizzati da un maggiore individualismo e una ricerca di significato personale. È fondamentale che la Chiesa e la società riconoscano e rispondano a queste nuove esigenze, affinché l’esperienza di fede possa continuare a essere vitale e pertinente.
La strada verso una nuova forma di credere richiede coraggio, dialogo e una comprensione approfondita delle sfide contemporanee. Solo così la Chiesa potrà essere percepita non come una reliquia del passato, ma come una guida viva e pulsante, capace di accompagnare le nuove generazioni nel loro cammino spirituale.
pubblicato su il Cittadino del 11 febbraio 2025









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