Ci aggrappiamo per non cadere, durante le turbolenze della vita: allacciamo le cinture di sicurezza e ci teniamo saldi ad un appoggio sicuro. Come sopravvissuti ad un naufragio, ci aggrappiamo al primo scoglio che incontriamo, troviamo riparo sulla prima roccia, temendo che la prossima mareggiata ci possa riportare nuovamente al largo. Sospinti da onde improvvise e violente, viviamo davvero come naufraghi dell’esistenza, costretti a nuotare in un mare profondo, troppo profondo, con poche forze a disposizione e senza talvolta vedere la riva all’orizzonte.
Ci aggrappiamo alla roccia come in una scalata ad alta quota, assicurando il piede su un appoggio resistente e stringendo tra le mani la fune della cordata. Le mani dolgono ma non possiamo mollare la presa; non è consigliabile guardare sotto: la profondità del dirupo mette i brividi e fa sudare le mani. Ci aggrappiamo alla mano del compagno, rassicurati dal calore e dalla presa forte della sua mano. Accogliamo la sua parola di incoraggiamento come un balsamo, come un tonico per l’anima. La sua presenza ci rassicura e ci infonde coraggio. Siamo sfiancati da questa faticosa salita che ci toglie il respiro ed irrigidisce le membra.
Siamo scalatori che anelano alla Vetta, protesi verso la meta della nostra salita. Il sentiero talvolta obbliga a passaggi difficili e rischiosi, ma la gioia della vetta, la sua vista meravigliosa e la sua aria fresca ricompenserà ogni sacrificio.









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