“Se ci sono degli sbalzi di tensione nella corrente elettrica, per poter lavorare con macchine raffinate è urgente avere uno stabilizzatore, uno strumento che controlla i picchi e rende omogenea la corrente. Una persona è formata quando si porta dentro qualcosa che assomiglia ad uno stabilizzatore.
Continuo con l’esempio. Per acquistare uno stabilizzatore di corrente, non basta entrare in un negozio di materiale elettrico e chiedere: voglio uno stabilizzatore. Il tecnico ci chiede: che cosa ci vuoi attaccare? Di stabilizzatori ce ne sono mille modelli. La scelta dell’uno o dell’altro dipende soprattutto dalla macchina che ci va collegata. Lo stesso vale per l’identità: sono diversi i modi in cui possiamo pensare ad una identità stabilizzata. Il riferimento è dato dalla situazione culturale e strutturale. La costruzione della identità infatti non di realizza come in una campana di vetro che isola dai rumori e dalle tensioni. Al contrario, di costruisce in un preciso ambiente, sociale e culturale, che ci preme addosso e ci condiziona fortemente. Su questa variabile decidiamo il tipo di stabilità da ricercare e consolidare (…)
La stabilità non è cercata né nella reattività verso l’esistente né nella sicurezza che proviene da principi solidi e stabili su cui si vuole costruire la propria esistenza. Non è però neppure rifiutata come alienante e impossibile, in una situazione di complessità e di eccesso incontrollato di proposte. Sta invece nel coraggio di consegnarsi ad un fondamento, che è soprattutto sperato; che sta oltre quello che possiamo costruire e sperimentare. Colui che vive si comprende e si definisce quotidianamente in una reale esperienza di affidamento, accetta la debolezza della propria esistenza come limite invalicabile della propria umanità.”
(S. Pinna e R. Tonelli)









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