La notizia è una di quelle che suscita discussione e polemiche: in un oratorio della diocesi di Cesena un educatore viene allontanato dal suo ruolo di animatore perché, da alcune foto pubblicate sui social, risulta evidente che il ragazzo è omosessuale. Ne parla Avvenire che riporta, insieme alla notizia, anche le dichiarazioni del parroco e della diocesi. «Tu puoi continuare a svolgere il ruolo di organizzatore del Cre (ossia del centro estivo, n.d.r.) ma non quello di educatore» queste sarebbero state le parole che il parroco avrebbe rivolto al giovane. La dichiarazione della diocesi, come era da aspettarsi, è stata più “articolata”: «la Chiesa di Cesena-Sarsina è una casa aperta e accogliente verso tutti (…) Spiace per la sofferenza arrecata a quanti sono stati coinvolti in maniera diretta e per quella portata alla comunità. Rattrista il clamore mediatico con cui si stanno alimentando opposte fazioni». Aggiunge poi che «quanto accaduto non riguarda un giudizio sui singoli o una discriminazione sui diritti (…) A nessuno è stata impedita l’organizzazione del centro estivo. Questione diversa è il mandato educativo chiamato a trasmettere i valori cristiani».
Non sfugge a nessuno la fatica di articolare una posizione chiara ed onesta sulla situazione: il commento finale poi, che fa riferimento al percorso del sinodo nazionale da cui ci si aspetta delle risposte, lascia un po’ l’impressione di voler buttare “la palla in tribuna” per sfuggire la questione concreta.
Ovviamente è bene non esprimere giudizi specifici con le poche informazioni riportare nell’articolo, tuttavia la questione si presta ad una riflessione che esula dal caso concreto e di carattere più generale.
Che le nostre comunità cristiane abbiano un problema enorme con il tema dell’omosessualità mi pare di una evidenza chiarissima. La fatica (o l’ipocrisia) di tenere insieme un’astratta dichiarazione di accoglienza verso tutti con una poi concreta esclusione da compiti ed uffici è sotto gli occhi di tutti. Non sfugge a questa contraddizione pure la dichiarazione della diocesi di Cesena: affermare che la Chiesa è una casa aperta contrasta con il comportamento concreto balzato agli onori delle cronache.
Credo che troppo forte sia ancora, nella nostre comunità, l’associazione, talvolta implicita, tra omosessualità e pedofilia, come se una persona gay fosse naturalmente più predisposta ad atteggiamenti e comportamenti abusanti verso i ragazzi o, peggio ancora, come se la vita di una persona omosessuale fosse “de facto” incompatibile con i valori del vangelo. Lo dice in fondo anche il comunicato stampa, quando sottolinea che la questione in gioco è la trasmissione dei valori cristiani.
Abbiamo ancora molta strada da fare e passi da compiere per saper davvero esser casa accogliente. Comprendo bene che questi passi richiedono la messa in discussioni di idee e pensieri che si radicano nella storia e nella tradizione e, come tali, difficili da far evolvere. Eppure il cambio di epoca, da più parti evocato, chiede di trovare parole nuove per mantenere viva l’abitabilità del vangelo.
Credo che mentre accompagniamo con pazienza e tenacia questa maturazione, potremmo, quanto meno, tentare di mettere in pratica quegli atteggiamenti accoglienti ed integranti che ci ha insegnato il Maestro di Nazareth, il quale, di fronte a tutti i reietti del suo tempo, ha sempre trovato parole di comprensione, ospitalità, integrazione e benedizione.









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