Manhattan sorge su un pezzo di terra circondato dal mare dove i suoi abitanti hanno costruito altissimi grattaceli che sfiorano il cielo. La prima impressione che il visitatore avverte è quella della pienezza: ogni metro quadrato di quella terra è stato sapientemente e completamente utilizzato, tanto da creare un piccolo microcosmo che fa della varietà e della abbondanza la sua cifra distintiva. Non potendosi estendersi in superficie per evidenti limiti geografici, Manhattan si è sviluppata in altezza, dando al visitatore come la sensazione di essere circondato dalle sue costruzioni, la cui cima fatichi a vedere anche alzando la testa verso l’alto.
La coincidenza ha voluto che il nostro primo incontro, in questa città della pienezza, fosse con un vuoto, quello che resta dopo che le due torri gemelle furono distrutte nel lontano 2001. Ora, al posto delle due altissime costruzioni, restano due enormi vasche, proprio là dove sorgevano le loro fondamenta. Ground Zero è oggi diventato un luogo di pellegrinaggio dove chiunque passi da New York porta il proprio ricordo ed il proprio omaggio alle migliaia di vittime che qui hanno perso innocentemente la loro esistenza. Tecnicamente non ci sono monumenti a commemorare quella tragedia ma, come dicevo, solo un enorme vuoto, rappresentato dalle due vasche in cui l’acqua scorre dai bordi fino giù al centro. Sulla balaustra che attornia la vasca sono scolpiti i nomi di tutte le vittime di quel tragico evento, a perenne memoria dei posteri.
Pensavo a quanto fosse singolare ma profonda la scelta di onorare in questo modo i morti dell’11 settembre, ovvero la scelta di ricordare una presenza proprio attraverso il vuoto che essa ha lasciato. È uno spunto buono anche per la nostra vita, credo. È giusto onorare la vita di quelle migliaia di persone morte invano, ma la loro vita non può che essere commemorata attraverso il vuoto che essi hanno lasciato nella città e, per analogia, nella vita dei loro cari.
New York ha fatto la scelta di ricordare i propri figli custodendo il loro vuoto e accettando la sfida di non riempire quella assenza con un qualunque surrogato o simbolo. Nulla potrà riempire il niente che si è creato nella carne della città e dei loro abitanti; nulla potrà compensare una perdita che resta perennemente dolorosa ed incomprensibile. Non resta che omaggiare quelle vite strappate attraverso il nulla che la loro morte ha creato.
Vale talvolta così anche nella nostra vita: ci sono vuoti che sarebbe insano riempire con palliativi o sostituti. Nulla potrà colmare quelle voragini. Ci è offerta allora la possibilità di custodire la memoria e la presenza solo attraverso il vuoto che hanno lasciato dentro di noi. Succede con i grattaceli, con le persone, con i legami e con gli amori.









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