travel notes – 4

Forse una delle più grandi sorprese di New York sono stati… i newyorkesi. So che la  cosa può suonare strana, ma è proprio così. Chissà perché ma ho sempre immaginato gli abitanti della grande mela come gente di fretta, focalizzata sul lavoro, forse un po’ solitaria ed individualista. Invece ho trovato persone solari, disponibili e affabili.

Sarà perché si trovano a vivere in una città multietnica, multiculturale ed inclusiva, in cui l’altro è una presenza concreta, quasi ingombrante, qualcuno con cui vivere gomito a gomito; sarà perché sono sempre invasi da turisti da ogni parte del mondo e quindi sperimentano la presenza dell’estraneo come qualche cosa di non così intollerabile; o sarà per qualche altro arcano motivo a me sconosciuto. Sta di fatto che la gente di New York vive l’esperienza dell’incontro e del dialogo come un fatto piacevole di cui godere con grande generosità.

Cogli questa disponibilità dai piccoli gesti, dalle piccole attenzioni inattese: ti vedono indeciso ad incrocio e ti chiedono in che direzione vuoi andare; ti vedono con le valigie e ti indicano spontaneamente la direzione della metropolitana per l’aeroporto, ammonendoti anche sulla fermata a cui devi scendere; oppure ancora non lesinano in parole quando domandi un’informazione, un consiglio o un avviso.

So bene che non è bene generalizzare ma confesso di aver trovato una città meno ostile di quella che mi aspettassi, in verità più familiare ed amichevole di come me la ero immaginata.

Viaggiando mi sono accorto che esiste un singolare rapporto tra la terra e la gente che vi abita, tra l’ambiente fisico e quello emotivo e relazionale, tra la città ed i suoi abitanti. Il luogo non è mai un fatto accessorio o casuale, mai un dettaglio ininfluente, mai solamente uno scenario neutro dove accadono i fatti della vita. L’ambiente ci plasma esattamente come noi plasmiamo lui. Il “dove” condiziona chi siamo, esattamente come, in modo simmetrico, chi siamo disegna il posto in cui viviamo.

Difficile districare questa complicata matassa: c’è un continuo rimando reciproco, una mutua affinità ed una intrinseca correlazione. In fondo penso sia proprio vero che noi siamo “di dove” siamo: la nostra origine geografica ci segna e ci denota e racconta un tratto essenziale della nostra identità.

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