Nessuno nega che il momento attuale sia particolarmente complicato e che non manchino problemi di ordine economico, ambientale e sociale. Questa situazione certo non può essere negata né silenziata: viviamo in un mondo globalizzato e la comunicazione è la prima leva di questa interconnessione tra i diversi villaggi che animano il pianeta.
Tuttavia stamattina, sfogliando le pagine online dei quotidiani mi sono imbattuto in questa “curiosa” notizia: “Cos’è l’ailanto, la pianta cinese che infesta Roma: Trappola mortale per automobilisti, cresce senza controllo. E resiste a tutto”. È evidente a tutti (anche a chi, come il sottoscritto, non è un esperto di comunicazione) il tratto allarmistico del titolo del giornale. La sottolineatura del fatto che “cresce senza controllo”, che sia “mortale” e che “resiste a tutto” raggiunge chiaramente l’effetto che il titolista si prefiggeva: attirare l’attenzione del lettore, creando uno stato di allarme che lo spinge a sfogliare la pagine per capire di cosa si tratta.
Preso da questa curiosità ho provato a leggere con un occhio un attimo più attento anche le altre notizie. Ecco il risultato: “Con Eris il virus torna a colpire i polmoni. Ecco cosa accadrà”; “Caro-spesa, neanche i discount sfuggono alla stangata”; “Rincari d’autunno, dalle bollette ai libri, dal cibo alla benzina”; “Rischio “medicane”. Il meteorologo: “Il vortice greco si sposta verso l’Italia, attenzione agli effetti al Sud“”. A tutto questo aggiungiamo pure il granchio blu che invade i mari, le violenze sessuali sui minorenni, gli incendi, gli sbarchi biblici di immigrati, la guerra in Ucraina etc. etc.
Questo per dire che se è vero che, da un lato, viviamo in un mondo problematico, è altrettanto vero che la comunicazione alimenta un clima allarmistico ed ansiogeno. Leggi i giornali e dopo cinque minuti ti viene l’ansia. In uno solo giorno vieni informato circa una lista di catastrofi che ti potrebbero capitare da far girare la testa. Viviamo sempre sull’orlo dell’abisso o forse è questa la percezione che ci vuole inculcare una certa narrazione della stampa.
È possibile chiedere una comunicazione un po’ più serena? Una che non nasconda i problemi ma che non li esasperi, che non li acuisca cogliendone subito gli effetti tragici e mortali? Possiamo guardare alla realtà senza doverci subito fare il segno della croce, toccare ferro e fare la macumba? Usare certi toni fa vendere più coppie ma crea uno stato di allarme e di fibrillazione che fa male a tutti…
Diciamo che un po’ di più di sobrietà, come in tutte le cose, non farebbe male…









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