la dignità della donna: un segno dei tempi.

La violenza contro le donne in Italia, in questi ultimi mesi, ha continuato a manifestarsi con numerosi casi di assassinio e di stupro. Questa intollerabile barbarie sociale richiede un’azione più consapevole di severa prevenzione, concreta e costante. A questa si deve affiancare, nell’intera società, un impegno educativo e culturale contro mentalità distorte e una miserabile concezione dei rapporti tra donna e uomo”. Non usa mezze parole il presidente Mattarella rivolgendo il suo messaggio in occasione dell’iniziativa “Il Tempo delle Donne”, promossa dal Corriere della sera.

Nel suo appello il Presidente individua due punti cruciali ed ugualmente ineludibili: da una parte l’esigenza di un’azione concreta di prevenzione, ossia di interventi mirati affinché le ragazze e le donne siano protette, sostenute e difese; dall’altra Mattarella invoca anche “un impegno educativo e culturale”, consapevole che certi fenomeni non possono essere arginati solo attraverso operazioni di polizia ma, e direi forse principalmente, agendo all’origine, ossia su quel presupposto culturale che rende questi esecrabili gesti ancora di attualità. Il presidente è chiaro nel dare un nome alla radice profonda del problema, ossia la “miserabile concezione dei rapporti tra donna e uomo”. È a questo livello che il problema va affrontato; è da questa fraintesa dialettica tra maschile e femminile che scaturiscono violenza e sopruso.

Sono state scritte nel lontano 1963 ma paiono attualissime le parole di papa Giovanni XXIII che troviamo nella Pacem in terris. Egli scrive che è evidente “un fatto a tutti noto, e cioè l’ingresso della donna nella vita pubblica (…). Nella donna, infatti, diviene sempre più chiara e operante la coscienza della propria dignità. Sa di non poter permettere di essere considerata e trattata come strumento; esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita pubblica.” E poco oltre il Papa ricorda che “in moltissimi esseri umani si va così dissolvendo il complesso di inferiorità protrattosi per secoli e millenni; mentre in altri si attenua e tende a scomparire il rispettivo complesso di superiorità, derivante dal privilegio economico-sociale o dal sesso o dalla posizione politica”.

Con straordinaria lungimiranza papa Giovanni riconosce l’ingresso della donna nell’ambito pubblico come uno dei grandi segni dei tempi dell’epoca moderna: non un fenomeno casuale ed estemporaneo, non un fatto accidentale, non una banale fattualità, bensì un “segno dei tempi” e chi conosce il pensiero di Papa Giovanni (poi sfociato nel Concilio) comprende bene la profondità di questa affermazione. La nuova dignità della donna appartiene alla categoria dei segni dei tempi, locuzione che indica quegli avvenimenti storici rilevanti, intrisi di senso, che chiedono di essere accolti e valutati dalla coscienza degli uomini, affinché orientino la storia verso quel senso di pienezza umana che il Creatore ha pensato. Per la comunità umana ed in particolar modo per quella credente, il riconoscimento e l’obbedienza ai segni del Regno che avanza nella storia non sono un fatto opzionale o illusorio ma esprimono l’esigenza intrinseca di dire il Vangelo di sempre all’uomo di oggi, di testimoniare la Parola che salva, sapendola tradurre nei mille dialetti di cui è abitata l’attualità.

Ebbene: la presa di coscienza della riscoperta dignità femminile, del suo ineguagliabile valore per la vita di tutti, la necessaria parità di valori, ruoli ed opportunità sono una sfida che sta di fronte alle comunità umane e che interpella, in modo particolare, quel mondo maschile che ancora fatica ad onorare e valorizzare il singolare femminile nelle nostre società. È una sfida per i nostri paesi, per le nostre associazioni ed organizzazioni; è una sfida per la politica, per le comunità ecclesiali e religiose; è una sfida per le nostre famiglie e per i nostri rapporti parentali ed amicali. Sarà un percorso lungo e faticoso, dopo millenni di ideologia patriarcale e talvolta abusante, dopo secoli di cultura declinata al maschile, dopo tempi di una dichiarata minorità femminile. Tuttavia, è un itinerario necessario, improrogabile, urgente, perché in gioco non vi è solo la dignità femminile ed il suo valore nella società, ma il senso complessivo dell’esistenza, la possibilità concreta di essere uomini capaci di esprimere la propria identità nella feconda reciprocità di maschi e femmine.

Pubblicato su Il Cittadino di oggi

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