La recente normativa da parte del governo che prevede la possibilità di un’alternativa monetaria alla reclusione nei Centri per il Rimpatrio (CPR), lascia non pochi dubbi e perplessità, sia in relazione alla moralità della decisione, che in relazione alla sua opportunità ed efficacia. Non è immediatamente comprensibile perché e a che scopo si voglia istituire questa “via privilegiata” per coloro che possono permettersi il pagamento di una cifra significativa rispetto a quelli che invece versano in condizioni di grave indigenza.
Vi è, a mio parere, anzitutto una evidente contradizione logica: se la immigrazione irregolare è un problema grave della nostra comunità nazionale, così come sostengono i sostenitori dei CPR, (tanto da ritenere giustificato la reclusione di un soggetto che fino a quel momento non ha compiuto alcun reato penale) c’è da chiedersi perché tale pericolosità venga attenuata o addirittura risolta con il pagamento di una garanzia monetaria. Se un individuo è pericoloso lo è a prescindere dal fatto che possa permettersi di versare allo stato una cauzione di qualche migliaio di euro.
La seconda perplessità riguarda l’idea stessa di pretendere una cauzione per tutelarsi da eventuali fughe (immagino sia questo l’intento principale della misura). Parliamo di persone che provengono da paesi africani drammaticamente poveri e che hanno, probabilmente, già versato una grossa cifra per attraversare il mediterraneo. Per quale motivo ci si possa attendere che abbiano delle ulteriori disponibilità finanziarie è piuttosto strano. Oltretutto questa misura rischia di innescare un prevedibile effetto collaterale, ossia che non possedendo la quella richiesta, e nel tentativo di evitare una reclusione dolorosa, non trovino di meglio che delinquere e rubare. La possibilità poi che questa cifra diventi “merce di scambio” con organizzazioni malavitose e criminali, assai radicate nelle zone di primo sbarco degli immigrati, mi pare una possibilità non così remota ed irrealistica.
Vi è infine una questione non meno marginale di ordine morale: non abbiamo di fronte a noi criminali in colletto bianco, piccoli evasori fiscali o delinquenti recidivi. Si tratta di uomini, donne e bambini che fuggono da fame, guerre, persecuzioni, carestie e disastri naturali, che affrontano il rischio della morte in mare perché il pericolo è decisamente inferiore a quello che corrono nei loro paesi di origine (e già questo dovrebbe farci riflettere sulla gravità delle tragedie da cui fuggono). Sono i più disperati tra i disperati, gente talmente senza speranza che non esita a mettere a rischio la vita dei propri figli pur di garantire loro quanto meno una possibilità, per quanto piccola, di futuro. Ebbene, il solo fatto di imporre una caparra all’accoglienza mi pare qualcosa di ingiusto e disumano. È evidente che non possiamo accogliere tutti e che delle regola vanno pur definite e applicate per rendere praticabile l’ospitalità. Però non tutti i mezzi sono leciti, né ogni misura accettabile a raggiungere lo scopo.
Sottoscrivo quello che saggiamente ha affermato di recente il presidente Mattarella: “Abbiamo la percezione che è un fenomeno epocale che va governato con visione del futuro, non con provvedimenti improvvisati o tampone che risolvono qualche questione temporanea, ma che esaminino e affrontino il problema con una visione del futuro coraggiosa e nuova rispetto a un fenomeno così grande.” Ed ancora: “io credo che occorra, di fronte a un fenomeno così, pensare in maniera adeguata. Altrimenti sarebbe come usare strumenti rudimentali e superati di fronte a fenomeni totalmente nuovi. Anche per questo, ad esempio, le regole di Dublino sono preistoria. Voler regolare il fenomeno migratorio facendo riferimento agli Accordi di Dublino è come dire ‘realizziamo la comunicazione in Europa con le carrozze a cavalli’.”









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