Otto anni dopo la pubblicazione di Laudato Sì, l’enciclica sulla cura della casa comune, Francesco ha recentemente pubblicato una sorta di “aggiunta” a quanto già scritto, firmando la Laudate Deum, mosso dalla preoccupazione che “non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura.” Il Papa torna su temi a lui cari relativi alla tutela dell’ambiente e ne aggiorna l’analisi, la diagnosi e le prospettive di intervento. Francesco intende rimettere il tema ecologico nuovamente al centro dell’attenzione mondiale, sottolineando l’urgenza e l’importanza nell’affrontare la crisi climatica con la necessaria solerzia. Lo scritto del Papa, relativamente corto rispetto ai documenti precedenti, presenta una lettura lucida e ricca della dinamica ambientale ed offre interessanti spunti di riflessione non solo per la comunità cristiana, ma per l’intera società umana. L’accoglienza a lei riservata anche al di fuori dal perimetro ecclesiale testimonia l’attualità e la centralità del tema.
Lasciando ad altri una riflessione più puntuale dei contenuti proposti, vorrei qui spendere due parole sulla peculiare struttura del documento e sullo stile argomentativo adottato da Francesco: “come” il testo è scritto è un punto non secondario rispetto ai contenuti che esso intende comunicare, nella consapevolezza che, in qualunque comunicazione umana, contenuto e forma costituiscono un unicum indissolubile.
L’Esortazione apostolica prende le mosse da una ricca analisi della situazione attuale, corroborata da precisi dati scientifici attinti dalle principali organizzazioni internazionali. Essa rimarca la resistenza che la causa ecologica sta affrontando e ribadisce l’origine umana dei disastri ambientali, rispetto a coloro che si mostrano scettici o titubanti a proposito, mettendo in evidenza rischi e danni che ne possono derivare. Il Papa, quindi, spende alcuni paragrafi a problematizzare il paradigma tecnologico che alimenta l’atteggiamento predatorio dell’uomo sull’ambiente e la debolezza della politica internazionale. Dopo aver ripercorso brevemente progressi e fallimenti delle conferenze sul clima, individua alcuni obiettivi la prossima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP28 di Dubai. È solo allora, dopo 60 numeri su un totale di 73 che compongono il testo, che Francesco rivolge una parola ai fedeli cattolici per “rammentare le motivazioni che scaturiscono dalla loro fede”
Mi pare meritevole di riflessione questo incedere di Francesco ed il modo in cui imposta il ragionamento. Ne traggo sinteticamente due considerazioni.
La prima: il mondo, i suoi problemi e le sue sfide, quello che il Papa chiama “la casa comune”, si offrono come uno spazio di incontro e di collaborazione per tutti gli uomini, indipendentemente dal loro credo, dalla loro cultura e dai loro valori. La casa è comune perché è di tutti e tutti riguarda e interpella. Vi è una matrice condivisa che accomuna tutti gli uomini ed è rappresentata dalla loro umanità intrinsecamente interconnessa con l’ambiente in cui essi vivono. È possibile parlare di umanità, ambiente, mondo e natura in modo inclusivo e estensivo, affinché tutti gli esseri umani si scoprano abitanti dello stesso pianeta, compagni del medesimo viaggio e fratelli nella comune carne.
La seconda considerazione riguarda lo sguardo teologico di Francesco sul mondo: interprete di una lunga tradizione, Francesco riconosce la dimensione teologica della realtà, non come insipida materialità, ma come luogo in cui riconoscere i segni dei tempi. Il mondo, le cose e gli avvenimenti, ci istruiscono, ci parlano, interpellano la nostra libertà e le nostre decisioni. Comprendere il mondo (come il Papa fa nell’Esortazione) è un modo per restare fedeli alla propria vocazione ed abitare con responsabilità il creato secondo l’invito di Genesi. Il cristiano è colui che tiene gli occhi ben aperti su quanto gli accade attorno, consapevole che il mistero della Creazione ed ancor più dell’Incarnazione hanno reso lo spazio ed il tempo realtà teologali, ossia dimensioni in cui Dio incontra e dialoga con l’uomo. Nella Laudate Deum c’è uno “stile teologico” che, in qualche misura, precede i temi ed i contenuti; la forma argomentativa dona forza e struttura al discorso e colloca le parole all’interno di un processo di pensiero che immediatamente attua e testimonia quello che afferma.
Pubblicato su Il Cittadino del 3 Novembre 2023









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