Qualche tempo fa il “The Brussels Times” dava la notizia di un recente studio effettuato da alcuni psicologi dell’università belga di Mons sui ragazzi nati dopo il 2010. I ricercatori definivano questa generazione la “Glass Generation”, la generazione di vetro, una definizione suggestiva e decisamente eloquente.
Lo studio utilizza il termine vetro per descrivere le principali caratteristiche riscontrare nei giovani di questa età, che hanno visto la loro giovinezza segnata da una storica pandemia, da una guerra nel cuore stesso dell’Europa e da crescenti rischi ambientali. È una generazione che si avvicina all’età adulta con uno sguardo preoccupato ed ansioso circa il proprio futuro e con la percezione di una instabilità esistenziale sconosciuta alle generazioni precedenti. Gli psicologi belgi affermano che tale insicurezza verso il domani è alimentata da una esposizione intensa verso le informazioni provenienti da ogni angolo del pianeta, grazie alla frequentazione assidua dei social e della rete: i giovani si trovano spesso sopraffatti da un carico informativo che l’età non consente loro di interpretare, digerire ed integrare in una visione equilibrata del reale.
La Glass Generation si rivela dunque essere una generazione che mostra, allo stesso tempo due caratteristiche essenziali: la trasparenza e la fragilità, proprio come cristallino e delicato è il vetro. A bene vedere, chi ha modo di frequentare ragazzi e giovani non stenta a riconoscere questi due tratti in tutte le nuove generazioni, non solo a quelle nate nel decennio scorso. Credo che sia una esperienza comune, per chi lavora in ambito educativo, quella percezione di delicatezza che emerge immediatamente già dai primi contatti con i giovani, spesso mascherata da sbruffoneria, presunzione, arroganza o maleducazione. Per chi sa superare un poco la superficie ruvida e pungente, ogni ragazzo e ragazza assomigliano a dei meravigliosi pacchi di valore sui quali è scritta a carattere cubitali la scritta “FRAGILE – maneggiare con cura”.
I giovani della Glass Generation mostrano una spiccata esposizione sociale: internet e i social hanno insegnato loro a tracciare delle linee labili di confine tra sé ed il mondo, in una fluidità che spesso diviene problematica e disfunzionale. Talvolta la soglia tra pubblico e privato, tra sé e la società, tra intimità e condivisione, viene superata con leggerezza e superficialità. La loro immersione nella realtà virtuale rende faticosa la definizione di sé e la percezione del proprio valore. Esattamente come per il vetro, la trasparenza rischia di tramutarsi in mancanza di forma, in assenza di margini chiari, in una fluidità che certo permette loro di abitare ogni contesto, spesso però adattandosi alla “forma” che esso richiede. L’essere trasparenti e porosi consente loro di lasciarsi attraversare da ogni esperienza, da ogni messaggio e da ogni stimolo, proprio come fa il vetro con la luce; ma, allo stesso tempo, la medesima trasparenza impedisce loro di definirsi chiaramente e trattenere quanto è indispensabile per la propria esistenza.
Non è quindi difficile comprendere perché la seconda caratteristica che lo studio belga identifica è quella della fragilità: le nuove generazioni vivono il travaglio della definizione di sé in un contesto continuamente esposto a violenti fattori ambientali, sociali e politici come raramente è avvenuto nel passato. Forse occorre andare indietro alla generazione a cavallo delle due guerre per trovare qualcosa di simile. Il mondo, da luogo promettente ed affidabile, si sta trasformando in uno spazio minaccioso, insicuro, in cui guerre, pandemie, crisi naturali, sociali ed economiche rischiano di compromettere il loro futuro. Sono una generazione in cui, forse per la prima volta, i figli godranno di meno diritti e tutele dei padri, in cui lavoro, assistenza sociale e sanitaria, stabilità affettiva e esistenziale sono continuamente poste a rischio.
Il valore della loro conoscenza (nessuna altra generazione possiede un accesso così ampio al patrimonio culturale e valoriale), la facilità nell’uso delle nuove tecnologie e la percezione di abitare, per la prima volta nella storia, davvero in un villaggio globale, rischiano di scontrarsi con un contesto ambientale minaccioso ed ansiogeno, talvolta escludente e penalizzante. È in questa dialettica irrisolta tra potenzialità e possibilità, tra risorse e opportunità, tra patrimonio ed investimento che si gioca la partita delle nuove generazioni. Questi giovani sono davvero dei pezzi unici di cristallo, capolavori di umanità, meravigliose opere d’arte vetraia che, come preziosi gioelli di Murano, rischiano di scheggiarsi ad ogni colpo ben assestato. Credo sia compito di noi mondo adulto custodire questo patrimonio, non dispendere la ricchezza della loro presenza, sostenere la precarietà del loro cammino, offrendo una compagnia affidabile, che sappia essere, allo stesso tempo, protezione dai pericoli e promozione di identità personali forti e riconciliate.
pubblicato su Il Cittadino (QUI) del 9 Novembre 2023









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