la saliera rovesciata

Contemplare dal vivo l’ultima cena di Leonardo nel refettorio di Santa Maria delle Grazie è un’esperienza straordinaria: lo sguardo è catturato, o forse sarebbe meglio dire sequestrato, dall’enorme dipinto così ricco di dettagli e complesso nella sua composizione spaziale. È proprio il continuo rimando tra dettaglio ed intero, tra particolare e generale, tra la parte ed il tutto, l’elemento principale di disorientamento. Immediatamente hai la percezione di essere di fronte ad una immagine che non riesci ad afferrare subito nel suo insieme, tanta è la ricchezza espressiva e decorativa che la caratterizza. C’è il senso di una abbondanza che lo sguardo non è capace di cogliere ed concettualizzare in un solo colpo. Serve tempo, serve la cura degli occhi che scrutano le varie scene che compongono il dipinto, per cogliere almeno alcuni del mille gioielli che Leonardo ha nascosto nella grandiosa rappresentazione sacra.

Parlare dell’ultima cena in modo originale è impossibile, vista la monumentale collezione di scritti, studi, analisi e ricerche che la riguardano. Eppure, nell’immensità delle parole che sono già state dette, mi piacerebbe condividere due dettagli che hanno catturato la mia attenzione.

Entrambi riguardano il gruppo di apostoli che siede immediatamente alla destra di Gesù: Pietro, Giovanni e Giuda. Già da una prima e superficiale occhiata risulta evidente la ripartizione delle scena: Gesù è al centro delle scena e alla sua destra e alla sua sinistra vi sono due gruppi di tre apostoli in entrambi i lati. Osservando la scena da sinistra vediamo: Bartolomeo, Giacomo ed Andrea; Giuda, Pietro e Giovanni; Tommaso, Giacomo Maggiore e Filippo; infine all’estrema destra del quadro, Matteo, Giuda Taddeo e Simone.

Ebbene dicevo del trittico alla destra di Gesù, composto da personaggi “di peso” nella narrazione del vangeli: Pietro, il primo degli apostoli, Giovanni, il discepolo che Gesù amava e Giuda, il traditore. Tre protagonisti della passione di Gesù, tre  attori che avranno un ruolo di co-primari durante quei giorni che segneranno la fine della vita del Maestro. Mi ha colpito come Leonardo, che ha studiato con estrema attenzione la struttura della composizione, metta vicini queste tre persone, a bene vedere, così diverse. Ho pensato questo: in fondo in ogni gruppo, in ogni comunità umana, ma anche in ogni legame, affetto o amicizia, il principio di autorità, quello elettivo e l’esperienza del tradimento vanno sempre di pari passo. Non c’è luogo, fisico o simbolico, sia esso familiare, lavorativo, amicale, comunitario o sociale, in cui la possibilità del tradimento, dell’infedeltà e della malafede non minacci l’esperienza normativa dello stare insieme o quelle relazionale ed affettiva. Nessuno ne è immune: nell’esistenza il tradimento appartiene alla possibilità stessa della relazione, come un convitato fisso al banchetto della vita. Checché ne dica certa cultura, mi pare che Leonardo ci ricordi che il male appartiene alla nostra vita come un ingrediente dannoso e sempre minaccioso.

Seconda nota: nel movimento di mani che anima il dipinto, Giuda fa un gesto singolare: rovescia una saliera sulla tavola. Se pensiamo al valore e alla preziosità del sale in ogni epoca pre-moderna, il gesto di Giuda appare non solo come un gesto di sciagura (sarebbe un po’ banale) ma primariamente un gesto di spreco. Questo particolare, che onestamente rischia di sfuggire se qualcuno non lo fa notare, mi ha suggerito il pensiero che, in fondo in fondo, ogni tradimento è uno spreco, ogni infedeltà una predita, ogni male una dissipazione. Tradendo perdiamo la ricchezza del legame con l’altro, la sua amicizia, il suo rispetto. Giuda, tradendo, perde Gesù, perde la sua fiducia ed il suo sguardo amorevole. Quando non siamo all’altezza di un patto, in fondo anche noi gettiamo il sale sulla tavola, disperdiamo la ricchezza che abbiamo tra le mani e buttiamo a mare la fecondità di un affetto.

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