Che cosa attendiamo? Che cosa ci aspettiamo dalla vita? Ma forse, ancora più radicalmente, esiste ancora qualcosa che merita di essere atteso, aspettato, sperato? Ha ancora senso l’arte antica dell’attesa, del vegliare aspettando qualcosa? Siamo ancora persone rivolte al domani, che anelano ad un compimento, ad una gioia e ad una realizzazione? O siamo persone che l’oggi ha intrappolato tra le sue pieghe, imprigionato nel banale scorrere delle ore e dei minuti, che ha chiuso in un labirinto fatto di preoccupazioni, ansie, frenesie e insoddisfazioni?
È la parola “attesa” la chiave per entrare nel tempo di Avvento che abbiamo appena iniziato: senza l’attesa l’Avvento rischia di essere un tempo segnato solo da folclore, tradizione, antichi riti che dicono poco, di gesti compiuti per abitudine e costume. Senza l’attesa l’Avvento è solo una grande corsa agli acquisti, ai consumi, in cui si scaldano i motori in attesa del gran giorno. Quindi ritorna la domanda: l’attesa fa ancora parte del nostro vocabolario esistenziale, della grammatica dei nostri affetti e del nostro gergo quotidiano? A ben vedere l’attesa non appartiene solo all’esperienza religiosa: essa è il desiderio di ciò che ancora non è, è sbilanciamento verso il domani, cura dell’avvenire che origina dal senso di una mancanza, il profumo di una promessa e di un avverarsi. Forse dove c’è esperienza umana c’è necessariamente attesa perché essa afferisce a quel nucleo vitale del desiderio che anima e struttura le nostre vite. Se la vita non fosse impregnata di attesa, ossia dell’apertura fiduciosa al domani, quella vita non sarebbe umana.
Ebbene, cosa ci dice questo avvento che abbiamo appena iniziato? Cosa ci suggerisce, a cosa ci chiama? Forse, ma qui lo dico sottovoce, questo periodo ci educa a guardare in maniera differente al tempo che scorre, ci sprona a educare il senso che diamo al fluire delle ore, ci solletica ad assumere uno sguardo diverso verso quanto accade. Potremmo riassumerlo così: l’avvento ci istruisce sul fatto che il futuro non è l’avvenire.
Il futuro è tutto ciò che nasce dall’oggi, contando sulle sue risorse e potenzialità. Organizzo una vacanza facendo il conto dei soldi che possiedo, dei luoghi che mi piacerebbe visitare, delle cose che vorrei vedere. Il futuro è la nostra capacità di pianificare, di organizzare, di progettare. Il futuro nasce dall’oggi e da noi, da quello che oggi siamo e che ci piacerebbe essere. Il futuro è sempre una sorta di prolungamento del presente, una sua estensione, un suo potenziamento e sviluppo.
L’avvenire vive invece di una diversa logica, muove i passi secondo una musica diversa e spesso opposta. L’avvenire è nell’ordine dell’accadimento, della sorpresa, del dono inatteso e impensabile. L’avvenire è ciò che accade in modo sorprendente, al di là delle nostre speranze e aspettative; l’avvenire apre a possibilità che nessuno di noi meritava né programmava, ad un tempo che è pura sorpresa, grazia, giubilo, meraviglia e stupore. Se l’organizzazione di una vacanza appartiene all’ordine del futuro, la nascita di un figlio è nell’ordine dell’avvenire, così come innamorarsi, incontrarsi, gioire e perdersi, amarsi e morire. L’avvenire è il domani che assume il tono della meraviglia, dell’accadimento inspiegabile, del fatto strabiliante. Il futuro è ciò che cerchiamo con grande impegno di raggiungere; l’avvenire ci viene incontro, ci anticipa, si fa avanti e ci stupisce. C’è una linea sottile ma ben marcata che separa lo stile di chi attende il domani come futuro o come avvenire. Il futuro si anima di piani, progetti, programmazioni, aspettative, obiettivi, di sete di emergere, di affermarsi, di fame di sé, di riconoscimenti e attestazioni, di gratificazioni e premi. L’avvenire, da parte sua, vibra su frequenze diverse, fatte di accoglienza, stupore, attesa, incontro, scambio di sguardi, disponibilità e disorientamenti, inciampi e deragliamenti, deviazioni e rivelazioni.
L’avvento che abbiamo appena inaugurato è il tempo in cui lasciarsi educare al senso dell’attesa, della speranza, dell’apertura fiduciosa ad un domani che sapora di avvenire, di compimento, di annuncio sorprendete di consolazione e di gioia.









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