Giovanni ci presenta al primo capito del suo Vangelo un altro Giovanni, il Battista, facendo ampio uso di un avverbio: no. Basta leggere le prime frasi che descrivono il Battista ed i suoi incontri del con gli altri personaggi della narrazione per accorgersi che il termine “no” ricorre davvero molte volte. “Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce” (…); “«Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose”.
Insomma, pare che Giovanni sia inizialmente più preoccupato a dire dei no che dei sì, a negare piuttosto che affermare, a confutare più che a convincere, a contraddire più che affermare. Singolare questo fatto. Se la nascita del Maestro è stato reso possibile dal “sì” di Maria, la preparazione della sua via è invece costellata da una infinità di “no”, “non sono”, “non sono quello che credete”, “non mi avete compreso”. Forse Giovanni ci sta dicendo che è possibile introdurre al mistero della vita o, per dirla con un suo collega evangelista, “preparare le vie del Signore”, anche attraverso delle negazioni, dei no detti chiari e tondi in faccia agli interlocutori.
Forse Giovanni ci dice che esiste un accesso alla verità dei nostri legami, alla profondità dei nostri affetti e alla preziosità dei nostri rapporti che passa dallo smascheramento delle nostre false convinzioni, delle nostre illusioni, delle nostre fantasie, fissazioni, attese e farneticazioni. Si giunge alla vita certo indicando la strada ma talvolta è possibile farlo anche rimuovendo gli ostacoli che sono sulla via, dicendo dei “no” a quello che limita il nostro percorso e che rallenta il raggiungimento della meta.
Dire un “no” non è sempre un gesto distruttivo o pessimistico, non è sempre segno di una disfatta o di una sconfitta. Ci sono dei “no” che hanno il sapore dell’invito a centrare l’obiettivo, a non lasciarsi distrarre, a non perdere il senso della meta. Alcuni “no” ti spronano a restare concentrato, a non perderti per viuzze che non conducono da alcuna parte; ci sono “no” che sono sanno di futuro perché rompono quelle gabbie mentali in cui ci eravamo rinchiusi, perché spezzano schemi troppo rigidi, perché dissolvono fantasmi che stanno solo nelle nostre teste.
Certi “no” sono un invito alla sorpresa della vita, all’accoglienza incondizionata di quello stupore che, solo, può cambiare l’esistenza.









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