Le relazioni, di qualunque natura siano, attraversano talvolta dei periodi in cui occorre solo stare fermi, immobili e stabili. In certi momenti non ci è concesso il lusso di alcuna azione, alcun gesto, intervento o movimento. “Stare” non è una scelta in nostro potere né un’opzione tra le altre: essa è l’unica cosa che ha senso fare.
Sicché, in questi strani periodi che talvolta durano anni, sei costretto a placare quell’istinto che ti spingerebbe ad intervenire, a fare qualcosa per cambiare la situazione, le persone o le cose. La fatica di questi momenti è tutta qui: devi solo attendere e gestire il senso di frustrazione e di impotenza che ti assale, quel tarlo interiore che ti fa sentire in colpa ,a disagio ed inutile.
È senza dubbio più facile agire che fermarsi; più gratificante fare qualcosa rispetto all’astensione e alla rinuncia.
Eppure certe relazioni, amicali, familiari, genitoriali, professionali o altro, chiedono, anzi esigono, a volte di non fare nulla, ma di restare fermi e fedeli al proprio posto con disciplina, determinazione e fiducia. Occorre stare lì fermi, come è ferma la montagna che attende gli scalatori, come è fermo l’albero che aspetta gli uccelli di passaggio, come è ferma come la roccia che indica il cammino e che trovi allo stesso posto al bivio della strada.
Onestamente non so perché ciò accada né perché la vita ci chieda di attraversare questo deserto. So solo che prima impari l’arte della resa e della immobilità, prima ti accorgi che solo così puoi assecondare la danza imprevedibile della vita.









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