Un amico oggi mi ha condiviso un breve reel del compianto Philippe Daverio: il celebre studioso spiega come sarebbe auspicabile che la nostra frequentazione di una mostra, di un museo o di una pinacoteca fosse orientata a contemplare una sola opera d’arte, o al massimo due o tre. Infatti, così come nessuno di noi accede ad una biblioteca per leggere tutti i suoi libri, allo stesso modo – sostiene l’intellettuale – dovremmo varcare la soglia di un museo per godere di qualche opera, evitando quel gironzolare superficiale attraverso le sale che spesso connota le nostre visite.
Difficile non dare ragione a Daverio! Nella nostra cultura del consumo anche le opere d’arte sono state rese oggetto di una fruizione di massa, superficiale, banale, sommaria, un misto tra lo sguardo distratto e una visione rapace. Forse è giusto pure il suo consiglio: l’unico modo per sfuggire a queste visite voraci è educarsi alla capacità di contemplare un’opera sola, con calma, pazienza a coinvolgimento, lasciando che gli occhi abbiano il tempo per posarsi sui singoli dettagli, per scorgere, scrutare, indagare, ammirare e restare ammaliati da quanto l’artista ha creato.
Non è forse questo il senso dell’arte? Quello di educare il nostro sguardo a non “divorare” le cose ma a lasciare che esse emergano come piccole meraviglie e come sporgenze del mistero della vita? Non sono esse oasi di bellezza nella calma piatta della vita, piccoli ristori in un cammino troppo pieno di bruttezza, schifo e banalità?
Intrigante questo invito a non “consumare” l’arte come faremmo in un qualunque supermercato, ma a dialogare, attraverso il quadro, con l’artista, a sintonizzarsi con la sua sensibilità, con il suo modo di vedere le cose, con i suoi sentimenti, con le sue idee e prospettive… Mi affascina questa prospettiva di rendere ogni visita una visitazione, un incontro, una conversazione, non con una massa informe di oggetti ma con la persona viva dell’artista che in quella particolare opera si esprime, interpella, racconta ed inquieta, interroga e disorienta…
Bello immaginare ogni ingresso come un appuntamento, ogni visione come una conversazione, ogni biglietto come un invito.









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