nessun posto

Vi poi è quella particolare specie di sofferenza che nasce dal senso di impotenza, dalla constatazione che non abbiamo modo di indirizzare un problema, salvare una relazione, uscire da un possibile pasticcio. È un dolore che scava le viscere, che ti macera dentro come fa un acido corrosivo con il ferro: lo divora, un pezzo alla volta, dolcemente, senza violenza ma pure senza sosta. È un patimento sordo quello che si origina dalla nostra impossibilità all’azione: non ha nulla di evidente o appariscente, non è la conseguenza di un dramma palese, eclatante o sensazionale. Esso assomiglia di più ad un tormento a “bassa intensità”, nel quale la causa di tanta insofferenza è la giornaliera frustrazione della propria impossibilità. Osservi, come un inetto spettatore, il dramma dell’esistenza e resti muto e immobile di fronte a quanto sfugge al tuo controllo e alla tua influenza. Come con un treno destinato allo schianto, osservi il suo procedere senza alcuna possibilità di cambiare direzione, di rallentare la corsa o di deviare la traiettoria.

Sono distrutto, ucciso, non sono più un uomo!” disse Aleksej Aleksandrovic confidandosi con la contessa Lidija Ivanovna, dopo che la moglie lo ha lasciato per amare il conte Vronsky. Il marito di Anna Karenina (nell’omonimo capolavoro di Tolstoj) resta come annichilito da quanto la vita gli ha riservato, incredulo ed impotente di fronte alla separazione subita. “La mia situazione è orribile perché non trovo in nessun posto, non trovo in me stesso nessun punto d’appoggio” lamenta Aleksej: la ferita inferta da Anna esigerebbe la capacità di Aleksej di trovare dentro di sé un punto su cui fare forza e grazie al quale riprendere a vivere. La frustrazione per non poter cambiare le cose, spinge Aleksej a cercare dentro la propria anima un luogo sicuro, un riparo, un perno capace di garantire sicurezza. Il dramma di Aleksej non consiste solo nell’allontanamento di Anna, ma anche nella fatica ad autocentrarsi, a trovare conforto e sostegno dentro di sé.

È la sfida radicale che il senso di impotenza crea in chiunque ne venga abitato: lasciata ogni vana esteriorità, occorre scoprire un posto nell’animo che sappia dare ospitalità, equilibrio e tenuta.

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