E poi talvolta ti ritrovi solo con te stesso, solo in mezzo alla folla, solo nell’indicibile singolarità che ti abita. Talvolta senti un senso di unicità che ti isola dagli altri, che ti lascia una strana percezione di essere incompreso, inascoltato, appartato. Forse il nostro cammino per diventare uomini è chiamato a misurarsi anche con questa radicale solitudine, quella che ti mette nudo di fronte a te stesso, che ti obbliga a guardarti dentro, a restare in compagnia solo della tua anima, come l’unico posto abitabile, sicuro ed affidabile.
Talvolta il mondo appare lontano, irraggiungibile, inarrivabile; ciò che ti gira attorno ti si mostra come uno spettacolo a cui non vuoi prendere parte, come un commedia in cui non hai una parte, una comparsa, una battuta. Sono momenti di ritrazione, nei quali senti la necessità di sottrarti al mondo, per vivere un ricentramento ed una unificazione.
Talvolta ci sono attimi in cui le sole voci a cui vuoi prestare ascolto sono quelle che rimbombano dentro, nell’immanenza sensibile della vita, nel luogo nascosto dove tutto si manifesta, in quello spazio celato all’esteriorità del mondo dove prende vita il tuo mondo interiore. È in quei momenti che sei chiamato a fare i conti con te stesso, a misurare le cose a cui tieni, a contare le persone che abitano i tuoi affetti, a esaminare quanto merita di essere inseguito e desiderato.
Forse questo tempo strano è un invito al discernimento dei desideri, al vaglio delle aspirazioni, al controllo della fame di legami e di relazione. Sono attimi in cui è forte il bisogno di scendere dal treno in corsa, di sostare alla prossima fermata, di stare sulla binario e vedere i treni che sfrecciano davanti a te, in attesa che arrivi quello giusto.
Non è così sgradevole restare sulla panchina ad osservare la vita che ti scorre davanti, non è così fastidioso mettersi in pausa, sospendere le affezioni, sopire l’impulso all’azione e lasciare che la vita semplicemente accada, libera, sovrana, inspiegabile e misteriosa.









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