È strano, talvolta, constatare come il senso riconciliato della propria identità, il valore di se stessi e la consapevolezza del proprio sé sono accompagnati da un sentimento di solitudine. Accade come se, per arrivare pienamente a se stessi, fosse necessario prendere le distanze dagli altri; a volte dire “io” implica una forma di allontanamento, di ritrazione e di solitudine, appunto.
La scoperta serena della propria unicità, quel sentirsi pacificamente nei propri panni, senza rimorsi o rimpianti, è accompagnata da una forma di differenziazione, di lontananza e, oserei dire, spesso di incomunicabilità. Ti appropri di un “sé” che non può essere pienamente detto, raccontato o condiviso. Più accedi al mistero profondo di chi sei, più affiora un tratto di singolarità tale da non riuscire a sperimentare alcuna condivisione possibile. Avverti un fossato che traccia una distanza tra te e la gente, tra l’io ed il noi, tra il mondo interiore e le esteriorità delle cose, delle persone e degli eventi.
Che strana questa cosa! Talvolta guardi l’altro negli occhi ed intuisci che il suo sguardo giunge ad una soglia per lui inaccessibile; quello sguardo sperimenta un limite, un confine oltre il quale non riesce ad andare. Ed è così che il tuo mondo nascosto, i tuoi sentimenti, attese, fatiche e fragilità si mostrano come una terra vergine in cui nessun piede è riuscito a lasciare un’orma.
Come è possibile tutto questo? Per quale arcana ragione ciò che sei in profondità resta straniero alla maggior parte delle persone con cui vivi? Perché talvolta gli altri appaiono sempre oltre lo steccato che divide te dal tuo mondo? Perché è così difficile sperimentare un incontro vero, umano, profondo e radicale, grazie al quale gustare da letizia della condivisione, il balsamo della reciproca comprensione, la consolazione di sentirsi insieme, accompagnati, accolti, donati? In nome di quale bizzarra legge siamo destinati a vivere come monadi, come gente che parla ma non comunica, che si tocca ma non si incontra, che scambia cose ma non pezzi di sé?
Non capita anche a voi di sentirvi come ballerini che danzano insieme ad altri, ma su una musica che sentite solo voi?









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