Una delle sfide più complesse che sperimentiamo nella vita è forse quella delle nostre relazioni. La difficoltà risiede nel saper conciliare due dinamiche diverse e talvolta opposte: da un lato, la spinta che ci porta verso gli altri, in uno slancio di passione, dedizione e appartenenza; dall’altro, la scelta e la volontà di non legare, di lasciare liberi e autonomi. Forse il senso della nostra libertà nei legami con le persone a cui teniamo si gioca interamente in questa singolare mediazione. In ogni nostro affetto sperimentiamo il senso di un vincolo e, allo stesso tempo, l’esigenza intrinseca di non imprigionare, salvaguardando la libertà dell’altro. È come un movimento oscillatorio in cui si fatica a trovare la giusta posizione di equilibrio: talvolta prevale il senso di sbilanciamento affettivo e un po’ “appiccicoso”, altre volte si accentua una distanza un po’ fredda e disinteressata.
Non è facile essere per l’altro, in maniera piena e totale, sopendo le voci che chiedono un riscontro, una restituzione, una condizione. In fondo, la stessa parola “vincolo” mantiene questa ambivalenza semantica: essa definisce, allo stesso tempo, un legame e una limitazione alle possibilità di movimento, esprimendo connessione e costrizione in un rapporto non facilmente districabile.
È proprio alla luce di questa fatica di conciliazione che trovo sorprendenti le parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli nel Vangelo di oggi: “Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?»”. Insomma, quell’uomo ha faticato a costruire una relazione con i suoi amici, ai quali ha appena promesso di dare la sua vita per loro, e tuttavia non esita a metterli, con estrema libertà, di fronte alla scelta di restare o andarsene, accettando il rischio che i discepoli preferissero la seconda opzione.
Penso alle mie amicizie, ai miei legami e affetti, e mi chiedo: a quanti di loro sarei capace di porre la stessa domanda, accogliendo la possibilità di un loro abbandono? Di quante persone a cui voglio bene sarei disposto a onorare la libertà, qualunque cosa questa significhi e implichi?
Serve davvero una grande libertà interiore per vivere rapporti di questo tipo! Di solito, i nostri meccanismi di difesa ci portano ad allontanarci da coloro che sentiamo “poco affidabili”, proprio per non correre il rischio di essere lasciati e trovarci così, in qualche modo, “scaricati”… È questo che mi affascina del Maestro di Nazareth: sa essere totalmente sbilanciato verso l’altro senza appoggiarsi su di lui, lasciandolo libero di prendere le proprie decisioni. Egli è capace di donare senza pretendere e di legarsi senza fare del proprio legame una prigione.









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