La classifica del Bloomberg Billionaires Index, che elenca gli uomini più ricchi al mondo, lascia davvero basiti per l’ammontare dei capitali posseduti da un singolo individuo. I dati aggiornati al primo settembre 2024 indicano che Elon Musk ha un patrimonio di circa 239 miliardi di dollari (+10 miliardi nel 2024); in seconda posizione, Jeff Bezos ne ha 202 (+24,9 quest’anno), seguito da Bernard Arnault con 197 e infine Mark Zuckerberg con “solo” 185 miliardi di dollari. Le persone che occupano le posizioni fino alla quindicesima hanno patrimoni abbondantemente superiori ai 100 miliardi di dollari. Sono numeri impressionanti, poiché testimoniano una concentrazione di ricchezza davvero straordinaria. Ormai abbiamo singoli individui che possiedono una ricchezza equivalente (o addirittura superiore) a quella di molti Stati di medie dimensioni.
I dati macroeconomici ci indicano che oggi, al termine del primo quarto di secolo del nuovo millennio, esiste un enorme problema di concentrazione delle ricchezze sul pianeta. La globalizzazione di inizio millennio ha creato una situazione in cui chi è ricco diventa sempre più ricco e chi è povero sempre più povero, in una spirale di accrescimento della ricchezza senza precedenti nella storia. La stessa classifica di Bloomberg dimostra che nel corso del 2024 tutti i patrimoni dei “Paperoni” del pianeta sono cresciuti di una percentuale che varia dal 5% al 20%, con un incremento consistente in valore assoluto.
La concentrazione di ricchezze non è certo un fenomeno esclusivo dell’età contemporanea: anche nei secoli passati c’è stato un notevole accumulo di ricchezze, terre e beni. Basti pensare al Medioevo, quando i nobili e la classe aristocratica possedevano immense ricchezze che permisero la costruzione di opere d’arte monumentali, grazie proprio al fatto che un ristretto gruppo di persone disponeva di un patrimonio vastissimo. I soggetti cambiarono nei secoli successivi, ma non la ricchezza di una ristretta oligarchia: la neonata classe borghese non fu da meno in termini di patrimoni posseduti da singoli individui o da nuclei familiari.
Tuttavia, come ricorda Guido Alfani, docente di Storia Economica all’Università Bocconi, in un’intervista ad Avvenire, «per secoli è stata considerata normale e del tutto accettabile l’esistenza dei nobili che avevano maggiori risorse, perché allo stesso tempo avevano anche maggiori doveri verso i sudditi. Nel sistema feudale la disuguaglianza era molto ampia, ma era concettualizzata dentro un sistema ordinato di contraccambio». Nel mondo medievale, e successivamente anche nel mondo moderno, il possesso di ingenti ricchezze creava una sorta di “debito” che i ricchi sentivano verso la comunità. Lo studioso ricorda come i ricchi venivano considerati una sorta di “granai di denaro” a cui attingere in caso di emergenza o carestia. In fondo, tanta ricchezza implicava tanta responsabilità sociale e comunitaria.
Le cose cambiarono radicalmente agli inizi del terzo millennio quando «abbiamo visto concretamente l’inversione, il passaggio da una situazione in cui il rischio del debito pubblico è privatizzato perché garantito dai grandi ricchi a una in cui i rischi privati dei miliardari sono collettivizzati, come avviene quando si usano i soldi pubblici per il salvataggio statale di istituti “troppo grandi per fallire”». Il problema che si pone oggi, quindi, non riguarda solo la quantità di ricchezza concentrata nelle mani di pochi, ma, più radicalmente, il ruolo e la responsabilità percepita dai ricchi verso il bene comune. Il fatto allarmante non è solo l’immenso patrimonio nelle mani di pochi, ma il fatto che questi pochi hanno individualizzato la ricchezza, non più ritenuta un debito originario verso tutti, ma un privilegio di cui disporre senza limiti.
Così viene meno il valore di quella destinazione universale dei beni tanto cara alla dottrina sociale della Chiesa: i beni sono per tutti e destinati a tutti, al punto che tale destinazione precede persino il diritto alla proprietà privata. I beni della terra sono stati donati all’umanità affinché, come una sola famiglia, possa far crescere e prosperare i propri figli. L’assolutizzazione del possesso e il suo svincolo da ogni prospettiva di condivisione e giustizia rende il mondo un luogo irrequieto e pericoloso. È ciò che denunciano alcuni movimenti, come quello dei Patriotic Millionaires: si tratta di gruppi di milionari che chiedono di pagare più tasse, consapevoli che, come scrivono in un loro manifesto, “l’alternativa è tasse o forconi”. Sono proprio le tasse il tema centrale di questa discussione: o lo Stato torna ad essere un fattore virtuoso di redistribuzione delle ricchezze e condivisione dei beni, o saremo destinati, sia a livello nazionale che internazionale, a vivere tempi in cui le tensioni sociali diventeranno sempre più insistenti e pervasive. Sia chiaro: nessuna nostalgia per visioni pauperistiche o comuniste, solo la consapevolezza che la pace sociale passa necessariamente attraverso un giusto accesso ai beni della terra e alle sue risorse.
Pubblicato su il Cittadino il 03 settembre 2024









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