disciplina ed onore

Ora che la surreale vicenda di Sangiuliano si è tristemente conclusa con le doverose, a mio avviso, dimissioni del ministro, spero che ci sia un momento per placare la furia mediatica e il tritacarne comunicativo in cui siamo stati tutti coinvolti, per riprendere con maggiore serenità e rigore il filo di quanto accaduto. Siamo stati sommersi da notizie, rivelazioni, dichiarazioni, interviste, scoop e veline che non solo ci hanno stordito, distraendoci da questioni più serie, ma hanno anche fortemente minato la credibilità e la reputazione della nostra classe politica, e con essa delle istituzioni repubblicane.

Indipendentemente da come la si pensi, assistere all’intervista di un ministro che, in diretta televisiva, rivela la propria sbandata sentimentale per una sua collaboratrice, con tanto di lacrime e commozione, non è stato uno spettacolo edificante. Così come non lo è stato vedere la presidente del consiglio difendere strenuamente il suo ministro, solo per essere smentita sui social, pochi minuti dopo, dalla terza parte coinvolta.

È stato uno spettacolo deprimente, segnato da una povertà morale e umana sconcertante. Non mi riferisco qui alla “scappatella” del ministro, di cui risponderà alla sua coscienza e a sua moglie, se lo riterrà opportuno, ma all’uso padronale della carica istituzionale, alla cooptazione esercitata con arroganza, come forma di un potere senza controllo, alla menzogna spudorata per salvare la faccia, alla ricattabilità emersa con registrazioni e documenti riservati resi pubblici, e alla sfacciataggine di sentirsi superiori, inattaccabili e presuntuosi. Penso anche al valore della competenza e del merito, tanto sbandierati ma poco praticati, poiché le cariche istituzionali vengono usate per premiare amici e conoscenti che dimostrano come unica capacità una fedeltà incondizionata al capo e al sistema di potere.

Non è certo la prima volta che assistiamo a cadute di stile e di rigore, ma trovo sconcertante questa insaziabile fame di potere, questa pulsione ad occupare ogni spazio disponibile, questa malsana percezione di essere “unti dal Signore,” protagonisti del destino della nazione, piuttosto che servitori temporanei del bene comune e della collettività.

L’articolo 54 della nostra Costituzione ci ricorda che “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore.” Sarebbe bello se ogni tanto ce lo ricordassimo…

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