Magari la reazione del ministro dei Trasporti dopo il caos di ieri nella rete ferroviaria può dare la sensazione di efficienza, autorità e rigore. Minacciare provvedimenti verso le imprese che lavorano per Trenitalia e contro coloro che “piantano dei chiodi” in maniera sbagliata può sembrare un gesto di coraggio e potere, ma a me suona piuttosto come un modo per scaricare responsabilità e colpe.
«C’è stato un errore di una ditta privata che stanotte ha piantato un chiodo su un cavo. Il tempo di reazione di fronte a questo errore non è stato all’altezza di ciò che la seconda potenza industriale d’Europa deve avere. Il privato ne risponderà», ha aggiunto il leader della Lega, precisando di aver chiesto «nomi, cognomi, indirizzi e codici fiscali di quelli che non hanno fatto il loro lavoro: non è possibile investire miliardi di euro per comprare nuove carrozze, nuovi treni pendolari, intercity, alta velocità e tutto il resto, e poi che, se uno alle tre di notte a Roma pianta un chiodo nel posto sbagliato, tu rovini la giornata di lavoro a migliaia di persone».
Tutto vero, tutto giusto. Eppure, quando un leader, di fronte a un problema, non trova reazione migliore che chiamare in causa i suoi sottoposti, beh, la cosa mi lascia un po’ perplesso. Quanto meno, questo comportamento corrisponde poco all’idea di leadership che ho io.
Quando hai responsabilità e potere, sei tu, nel bene e nel male, a dover rispondere di quello che accade. Sei tu quello che deve chiedere scusa per le inefficienze della tua organizzazione, tu che ci metti la faccia e che ne porti le conseguenze. È chiaro che un manager non è direttamente responsabile di ogni singola azione delle persone che lavorano con lui, ma il suo ruolo e la sua posizione gli assegnano, de iure e de facto, la responsabilità di quanto accade.
Non lavorerei mai per un manager pronto a scaricare sui suoi collaboratori i problemi che si presentano, così come mi vergognerei di me stesso se, di fronte alla difficoltà, additassi i miei collaboratori come gli unici colpevoli dell’accaduto. Non è una questione di prestigio o di pubblicità, ma passa di qui la differenza tra essere un leader o un bieco burocrate.









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