La Sagra del Ringraziamento è una tradizione che, nel nostro paese, si celebra in un modo molto sentito e partecipato. Oltre alle usuali attrazioni e giostre, il cuore della festività risiede nella condivisione della tavola con amici e parenti, invitati a un grande pranzo in cui si festeggia non solo l’abbondanza della stagione, ma anche i legami che ci uniscono alle persone care. In questo giorno particolare, il paese si riempie di vita e di energia, accogliendo numerosi visitatori che arrivano da fuori per partecipare a questo rito collettivo. La comunità si espande, si rafforza e si rinnova, non solo nei gesti di ospitalità, ma soprattutto nel senso profondo di condivisione e gratitudine che permea l’intera giornata.
Questa modalità di celebrare la festa, così radicata nel nostro modo di vivere, è affascinante. Non si limita a un semplice ritrovo conviviale: porta con sé un senso più profondo sul valore del dono e sulla dinamica che lo caratterizza. La festa del Ringraziamento, come suggerisce il nome, è infatti dedicata all’espressione di gratitudine per i doni ricevuti, un atto che, in fondo, coinvolge anche l’idea di restituzione. Donare, ricevere e restituire sono i tre passaggi che costituiscono il ciclo del dono, e questa tradizione sembra incarnarlo perfettamente.
Un tempo, il Ringraziamento era una celebrazione legata ai frutti della terra. Si ringraziava per il raccolto, per la prosperità che il duro lavoro e la natura avevano portato nelle case, e il pranzo in comune era un modo per condividere questi doni materiali con gli altri. Oggi, sebbene la nostra società sia cambiata e pochi lavorino direttamente la terra, il significato della festa resta potente. Ora, forse, ringraziamo non solo per i beni materiali, ma per tutto ciò che la vita ci ha elargito: l’amore delle persone, le esperienze vissute, le opportunità incontrate lungo il cammino. È come se il concetto di “raccolto” si fosse espanso, abbracciando tutto ciò che di buono la vita ci offre. E, così, il pranzo che offriamo diventa un simbolo di questo ringraziamento, un modo tangibile per restituire parte di ciò che abbiamo ricevuto.
Tuttavia, ciò che rende interessante questa dinamica è che la restituzione non avviene mai in modo diretto. Non restituiamo ciò che abbiamo ricevuto alla vita stessa o alla natura che ce l’ha donato. Al contrario, scegliamo di condividere questi doni con altri. È in questo atto di condivisione, di espansione del bene ricevuto verso gli altri, che si compie il ciclo del dono. Ciò che ci è stato dato non resta chiuso in noi, ma viene offerto in modo generoso a chi ci circonda, creando un legame sociale più ampio e profondo.
Il dono, infatti, non è mai solo un atto individuale, ma un gesto che costruisce comunità. Invitando persone alla nostra tavola, creiamo uno spazio di incontro in cui l’ospitalità diventa una forma di restituzione. Condividiamo il cibo, ma anche il tempo, l’attenzione, l’affetto. E in questo processo, l’atto del dare si moltiplica, poiché chi riceve, a sua volta, sarà spinto a restituire, a dare nuovamente in un altro contesto, in un altro momento. È questo che mantiene viva la dinamica del dono: un movimento continuo di donazione, ricezione e restituzione che non si esaurisce mai.
In questo senso, il pranzo del Ringraziamento diventa qualcosa di più di una semplice celebrazione. È una sorta di rituale che riconosce il valore dei legami che ci uniscono, un modo per riaffermare la nostra appartenenza a una comunità. Attraverso il cibo e la convivialità, rinnoviamo il nostro senso di gratitudine non solo per ciò che abbiamo ricevuto, ma anche per chi siamo diventati grazie a ciò che abbiamo condiviso con gli altri. È come se, ogni anno, il gesto del donare ci ricordasse che non siamo soli, che viviamo all’interno di una rete di relazioni che ci sostiene e che, a nostra volta, contribuiamo a nutrire.
Questo ciclo di donazione e restituzione ha un valore profondamente simbolico. Se il dono rappresenta il bene che ci viene concesso dalla vita, la restituzione attraverso la condivisione ci ricorda che non possiamo trattenere tutto per noi stessi. Il bene, come il cibo sulla tavola, va distribuito, offerto agli altri affinché possa continuare a circolare. E ogni volta che lo facciamo, rinnoviamo la nostra appartenenza al mondo e alla comunità in cui viviamo. Offrendo ciò che abbiamo ricevuto, restituiamo in parte il bene che ci è stato dato, e nel farlo costruiamo legami più forti e più profondi con chi ci circonda. È questa la vera essenza della festa: un momento di gratitudine che si traduce in azioni, un dono che continua a circolare, a moltiplicarsi e a creare comunità.
pubblicato sul numero di ottobre di Lodivecchio Mese









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