L’immigrazione? Dipende da che parte guardi il mondo…

In molti paesi occidentali, l’immigrazione viene percepita come una minaccia alla sicurezza, alla stabilità e alla convivenza sociale. Si tratta di una questione che le classi dirigenti trattano con preoccupazione, ritenendola un ostacolo per l’armonia interna e un potenziale rischio per le strutture sociali ed economiche delle nazioni. Tuttavia, all’interno di questo scenario problematico, la Spagna sembra fare eccezione: l’approccio del primo ministro Pedro Sánchez sta segnando una rottura rispetto al dibattito prevalente e offre una prospettiva alternativa sulla questione migratoria.

Sul sito dell’Ufficio della Pastorale per la Cultura della Diocesi di Palermo viene riportato questo “caso spagnolo” come un esempio di approccio controcorrente. Pedro Sánchez considera infatti l’immigrazione non come una minaccia, ma come una risorsa, un’opportunità da gestire per stimolare il progresso. Secondo Sánchez, “l’immigrazione è stata uno dei grandi motori dello sviluppo delle nazioni”, mentre “l’odio e la xenofobia si sono sempre rivelati i più grandi distruttori di nazioni.” La sua posizione è chiara: più che limitare l’arrivo di nuovi cittadini, bisogna investire in un’integrazione che possa arricchire l’economia e il tessuto sociale.

In Spagna, come in molte altre nazioni europee, la questione migratoria è strettamente legata al calo demografico. Con tassi di natalità sempre più bassi, l’immigrazione è vista da Sánchez come l’unica via realistica per sostenere l’economia, mantenere un equilibrio nel mercato del lavoro e garantire la sostenibilità del welfare state. “La Spagna deve scegliere tra essere un paese aperto e prospero o un paese chiuso e povero”, afferma Sánchez, tracciando una scelta chiara fra accoglienza e declino economico.

L’approccio di Sánchez parte da una premessa: il fenomeno migratorio non è una minaccia in sé; il vero problema è la capacità (o l’incapacità) di gestirlo in modo efficace. La strategia del governo spagnolo prevede, infatti, un investimento concreto per favorire l’integrazione dei migranti nel mercato del lavoro. L’obiettivo è semplificare le pratiche burocratiche che ostacolano l’ottenimento dei permessi di residenza e creare canali legali che possano ridurre i viaggi via mare, spesso pericolosi e spesso favoriti da trafficanti di esseri umani.. L’intento è non solo quello di arginare il fenomeno della migrazione irregolare, ma anche di colmare specifici vuoti nel mercato del lavoro, rispondendo alla domanda di badanti, programmatori, operai, tecnici e – come Sánchez stesso sottolinea – di nuovi alunni nelle scuole che, in molte zone, rischiano di chiudere per il calo di iscrizioni.

La strategia spagnola mira a risolvere la questione a monte, offrendo percorsi legali e sicuri per chi decide di lasciare il proprio paese. Sánchez non è l’unico a sostenere questa visione: diversi esperti italiani di economia condividono la sua posizione. Tra questi Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, il quale, in un’intervista a “La Stampa” dello scorso aprile, ha evidenziato come, con l’attuale andamento demografico, senza il contributo degli immigrati, l’Italia potrebbe trovarsi nell’impossibilità di garantire le pensioni entro il 2040. “Le economie ricche”, ha affermato Tridico, “hanno tutte molti migranti”.

È una visione che apre un dibattito importante e tocca questioni profonde che riguardano il futuro delle nostre società. In un’epoca segnata da rapidi cambiamenti e dalla necessità di adattarsi a un contesto globale, l’immigrazione può rappresentare non solo una soluzione economica, ma anche un’opportunità per costruire società più aperte e inclusive. La Spagna sembra lanciare un messaggio a tutta Europa: l’immigrazione può essere una risorsa e non una minaccia, a patto di saperla gestire con realismo, lungimiranza e investendo in percorsi che facilitino l’integrazione e l’inclusione.

Le scelte di Sánchez ci mostrano una strada possibile per trasformare la migrazione in un beneficio collettivo. Rifiutare una gestione realistica e inclusiva potrebbe condurre a conseguenze ancor più gravi, come la stagnazione economica e il declino dei servizi sociali. La sfida è quindi quella di pensare a una migrazione che non sia lasciata al caso o alla gestione emergenziale, ma che possa diventare parte integrante di una strategia di sviluppo sostenibile. In un contesto in cui molte nazioni europee guardano al fenomeno migratorio con timore e sospetto, la posizione della Spagna può rappresentare una risposta positiva e propositiva.

pubblicato su il Cittadino del 30 ottobre 2024

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