la felicità è l’arte di desiderare ciò che hai

Talvolta il problema di essere felici risiede nel fatto che decidiamo noi stessi, a priori, quali siano le condizioni senza le quali non potremo mai raggiungere uno stato di felicità. Pensiamo: “Non sarò mai davvero felice fino a quando non avrò ricevuto una promozione, superato quell’esame o ottenuto quel riconoscimento.” Per essere felici, crediamo di dover necessariamente raggiungere quella meta, tagliare quel traguardo, conseguire quel risultato. La nostra mente funziona in un po’ così: stabilisce requisiti, precondizioni e clausole per poter godere pienamente della vita.

Si tratta, ovviamente, di fantasie, sogni ed aspettative che abbiamo più o meno ereditato dalle persone e dall’ambiente in cui viviamo. Interiorizziamo, in modo più o meno consapevole, cliché, modelli di riferimento e stereotipi assorbiti dal mondo che ci circonda. In fondo, se ci pensate, hanno tutti a che fare con l’essere attraenti, interessanti, efficienti, persone di successo, riconosciute, apprezzate, acclamate, famose, interessanti ed originali. Meglio ancora se si è anche atleticamente prestanti, con un fisico modellato, e si ha la possibilità di frequentare quegli ambienti “giusti” che ci garantiscono gratificazione.

La cosa davvero buffa (se non fosse in realtà tragica) è che siamo talmente affezionati e condizionati da questi modelli da proibirci la felicità quando tutte le condizioni non sono soddisfatte. È una forma di autocensura, forse un po’ masochista, che, in modo infantile, pretende l’oggetto del desiderio come l’unico capace di renderci felici. E così, perseguiamo con ostinazione e tenacia il nostro feticcio, investendo nel suo raggiungimento tutte le nostre migliori energie. Ed è così che, ad esempio, dedichiamo un tempo eccessivo al lavoro o allo studio perché, senza quella promozione, temiamo di non potere mai essere davvero contenti; oppure spendiamo ore in palestra, considerando una forma fisica eccellente una precondizione necessaria alla nostra felicità; oppure ancora facciamo di tutto per ottenere un po’ di visibilità, temendo di essere altrimenti uno tra i tanti.

E mentre inseguiamo i nostri fantasmi, la vita passa, scorre sotto i nostri occhi, ci sfugge di mano e, con essa, le persone, gli eventi, le circostanze. Siamo talmente ossessionati dal cercare “altro” che alla fine perdiamo ciò che già abbiamo, restando prigionieri di schemi che esistono solo nelle nostre menti.

Sant’Agostino scriveva che la felicità non è avere ciò che si desidera, ma desiderare quello che si ha. Essa ha più a che fare con la capacità di spalancare gli occhi su quanto già riempie le nostre giornate, sulle persone che già appartengono alla nostra vita, sugli incontri che già illuminano le nostre esistenze. Forse, se ci liberassimo dalla bramosia del “dover essere” per accogliere, con semplicità e naturalezza, quello che già siamo, ebbene, forse smetteremmo di correre, di aspirare invidiosi a traguardi che, in fondo, non ci appartengono affatto.

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