Devo a Camilla e Alberto un nuovo modo di guardare alla mia mascolinità. In fondo, il problema della violenza contro le donne risiede in gran parte nella nostra consapevolezza maschile, in una percezione spesso disfunzionale della nostra identità, del nostro ruolo e del nostro posto nel mondo. Sebbene si parli di violenza contro le donne, se fossimo onesti e seri, dovremmo affrontare con serietà e onestà la vasta questione culturale e sociale dell’identità maschile.
Camilla ed Alberto sono due giovani che partecipano al gruppo che ho il piacere di accompagnare nella nostra comunità. Camilla, neo laureata e appassionata di questioni sociali, vive con una rara intensità la questione del genere e del predominio maschile nella nostra società. La piaga del patriarcato l’assilla, tanto quanto la battaglia per la parità di genere e per il pieno riconoscimento sociale della donna. Alberto, promettente docente di lettere, da canto suo, mi ha insegnato, attraverso il suo stesso modo di vivere, la possibilità concreta di vivere una mascolinità diversa: meno aggressiva e prepotente, più mite ed accogliente, e, se vogliamo dirla tutta, più insicura e dubbiosa.
Grazie a questi due giovani straordinari, ho avuto l’opportunità – o forse sarebbe meglio dire la fortuna – di riconsiderare le categorie attraverso cui osservavo il mondo. Mi hanno insegnato a mettere in discussione il mio punto di vista sull’essere maschio e femmina, mostrandomi quanto le lenti attraverso cui guardavo potessero distorcere la mia visione delle cose e delle persone.
Siamo onesti: in quanto uomini, non ci siamo mai sentiti in dovere di mettere in discussione la nostra identità e il nostro valore. Abbiamo sempre avuto accesso alle opportunità e alle scelte, prendendo decisioni in quasi totale autonomia. Il nostro ruolo nella società e nelle comunità che frequentiamo non ha mai richiesto rivendicazioni. Esso è sempre stato definito, ovvio, quasi scontato. Non abbiamo sentito il bisogno di farci domande, perché, in fondo, essere maschi ha sempre significato essere pienamente uomini. La nostra cultura ha spesso, in modo più o meno consapevole, creduto che la mascolinità rappresentasse l’apice dell’umanità
Ammetto che ha un tratto traumatico aprire gli occhi per accogliere e riconoscere che noi maschi siamo segnati, radicalmente ed immanentemente, da una profonda dimensione di parzialità. “Non sei il tutto dell’umano!” mi hanno fatto capire Camilla ed Alberto; essere maschio è una modalità straordinaria, ma non esaustiva, di raccontare l’umanità. C’è un’altra storia, un’altra narrazione che non avevo mai considerato e che dipinge la realtà da una prospettiva radicalmente diversa e complementare. Non alternativa, ma reciprocamente arricchente, permettendo che l’esperienza umana sia raccontata in una sinfonia di maschile e femminile, senza divisioni, senza pause o opposizioni.
Riconoscendo l’”umanità altra” della dimensione femminile, sono riuscito, grazie a confronti, letture e riflessioni, a guardare con occhi nuovi quei “presupposti scontati” della nostra cultura e a riconoscere quanto spesso siano frutto di una visione maschile parziale e a volte maschilista.
La fede, la cultura, la morale, la letteratura, la filosofia e la teologia sono in fondo frutto dell’impegno e del genio di un mondo al maschile che è stato spesso incapace di raccontare l’altra metà del cielo. Le nostre parole, i nostri concetti, schemi, categorie mentali, dogmi religiosi, leggi civili ed ecclesiali sono il risultato di una visione patriarcale che ha sempre considerato la donna un soggetto di seconda classe, relegandola in alcuni contesti predefiniti dalla quale fatica ad uscire. Allo stesso modo, noi uomini ci siamo costruiti recinti sociali ed emotivi, certo prestigiosi, ma che ci hanno impedito di sperimentare la ricchezza dell’umano con pienezza e gioia.
Devo molto a Camilla ed Alberto, perché grazie a loro ho potuto iniziare a vivere la mia vita con la consapevolezza che ci sono parole e sentimenti che forse non comprenderò mai a pieno ma che posso gustare solo grazie all’incontro con l’altro.
pubblicato su il Cittadino del 14 novembre 2024 (nell’inserto Dialogo)









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