Non servono alibi per la violenza di genere!

Continuo a non capire perché si voglia a tutti i costi associare il dramma della violenza sulle donne con il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria. L’ha fatto giorni fa il ministro Valditara all’inaugurazione della fondazione in memoria di Giulia Cechettin, e lo ha ripetuto anche oggi il vice-presidente Salvini in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Eppure i dati ISTAT (qui cito quelli del 2022) parlano molto chiaro: il 90,6% dei violentatori sono di nazionalità italiana. Essi appartengono prevalentemente alla cerchia familiare: il marito della vittima nel 39,1% dei casi o il compagno nel 36,3%. La distribuzione anagrafica è piuttosto omogenea, con una prevalenza delle fasce di età comprese tra i 35-44 anni (21,5%) e i 45-54 anni (22,4%). Nel 47,2% dei casi si tratta di un uomo in possesso di un’occupazione stabile, disoccupato nel 12% o pensionato solo nel 10% dei casi. Titoli di studio: il 54,8% ha una licenza media superiore, mentre il 23,3% un livello inferiore. Non mancano casi di abusatori laureati, che sono il 19,4%.

Mi pare evidente, se si vogliono leggere con onestà i dati, che la violenza non è identificabile con un particolare stato sociale, economico o titolo di studio, né con una particolare provenienza straniera. Certo, non mancano casi legati al degrado sociale e familiare, dato l’altissimo numero di casi, ma legare la violenza sulle donne con l’immigrazione significa mancare spaventosamente l’obiettivo. La violenza ha un’origine strutturalmente culturale, connessa a stereotipi maschili violenti e abusanti. Gli uomini picchiano le donne perché le considerano loro proprietà e sono incapaci di gestire separazioni, rifiuti o pulsioni sessuali.

La radice del problema va cercata “dentro” e non “fuori”, dentro la nostra cultura e non nei flussi migratori, dentro le nostre famiglie, le scuole, le comunità e i gruppi di appartenenza. So bene che fa comodo cercare il nemico esterno da combattere, perché in tal modo si provauna sensazione autoassolutoria e si indica una soluzione “facile” e diretta al problema.

Purtroppo, le cose non sono così comode e sbrigative: se vogliamo capire le origini di questa violenza non serve volgere lo sguardo lontano; è sufficiente guardarsi allo specchio.

(la foto del post è un’opera dell’artista Alberto Mesiano esposto alla mostra “Il Volti Delle Donne” organizzata dall’associazione “I Ricci” presso il Conventino di Lodi Vecchio)

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