La tecnologia, nella sua versione più recente, ossia l’intelligenza artificiale, è ormai diventata il principale mediatore dei nostri rapporti sociali. Questo è stato messo in luce da don Luca Peyron, docente di Teologia e Spiritualità delle Tecnologie Emergenti, durante un incontro organizzato qualche giorno fa da MEIC, CSV, Umanità Lodigiana e altre associazioni.
Un dato in particolare evidenzia la profondità e la pervasività del fenomeno: secondo una ricerca della Stanford University, le modalità con cui le coppie americane si incontrano sono radicalmente cambiate negli ultimi cento anni.
Nel 1930, il 22% delle coppie si incontrava tramite la rete familiare, e una percentuale simile si conosceva nell’ambiente scolastico. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l’ampliarsi dei rapporti sociali, il 23% delle coppie si formava attraverso amicizie comuni, mentre il 20% faceva ancora affidamento sui legami familiari.
Negli anni ’80, dopo la rivoluzione culturale del ’68, il 27% delle coppie si conosceva grazie alle amicizie condivise. Oltre alla famiglia (14%), emergono nuovi luoghi d’incontro: i locali di divertimento e i posti di lavoro (entrambi al 14%).
All’inizio del nuovo millennio compare una nuova voce, ancora marginale, nelle statistiche: gli incontri online, che riguardavano circa il 5% delle coppie. Nel 2010, i social media offrivano opportunità di relazione per il 21% delle coppie; nel 2020, questa cifra saliva al 50%. Guardando al 2024, le percentuali sono impressionanti: il 60% delle coppie americane si conoscono online, il 14% tramite amici comuni e l’8% sul luogo di lavoro. Bar, famiglia, scuola e chiesa rimangono ormai luoghi marginali.
Cosa ci dice tutto questo? Dimostra che la tecnologia influenza i nostri rapporti molto più di quanto possiamo immaginare. Il mondo di domani e i suoi abitanti saranno in gran parte il risultato delle “alchimie” degli algoritmi che governano i social media. L’intelligenza artificiale, lungi dall’essere un semplice strumento operativo, è diventata una tecnologia ecologica, capace di modificare l’ambiente in cui viviamo. Come una goccia di colore in un bicchiere d’acqua, essa pervade tutto il contenuto, trasformando le condizioni di vita.
Ci si potrebbe chiedere quale differenza ci sia tra incontrare qualcuno a scuola o sui social. Apparentemente, potrebbe sembrare la stessa cosa: cambia il contesto, ma non le regole. Per comprendere il profondo cambiamento antropologico e sociale che stiamo vivendo, è utile distinguere tra il verbo “scegliere” e il verbo “decidere”.
La scelta è una decisione presa su un numero limitato (anche se ampio) di opzioni. Don Peyron ha offerto un esempio illuminante: la differenza tra scegliere e decidere è simile a quella tra mangiare al ristorante e fare la spesa al supermercato. Al ristorante, per quanto sia ricco il menu, si sceglie da una lista predefinita dallo chef. Se si volesse essere realmente liberi di mangiare ciò che si desidera, bisognerebbe andare al supermercato, dove (nei limiti del possibile) sono disponibili “tutte” le opzioni di cibo. La stessa logica si applica ai nostri incontri: quelli virtuali fanno parte di un “menu” stabilito da altri.
Il vero problema è che questa “pre-selezione” delle persone che incontriamo sui social è fatta da una macchina, che obbedisce alle logiche di un algoritmo né trasparente né neutro. In altre parole, i nostri incontri sui social sono filtrati sulla base di un’affinità di interessi, luoghi, amicizie e opinioni che una macchina ha valutato al nostro posto. In sostanza, i social ci danno l’illusione di una libertà assoluta di decisione, ma, nei fatti, ci offrono una libertà di scelta limitata e discutibile.
pubblicato su il Cittadino del 27 novembre 2024









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