Il periodo natalizio, coincidente con la fine dell’anno, è un momento ideale per riflettere anche in ambito professionale. Questo ultimo tratto dell’anno stimola considerazioni e pensieri, offrendoci l’opportunità di valutare come stanno andando le cose.
Tra le varie email di lavoro che invio e ricevo in questo periodo, una di Andrea mi ha particolarmente colpito. Andrea, nel ringraziare per il percorso condiviso, ha espresso gratitudine al team di lavoro e ai responsabili non solo per le opportunità professionali ricevute, ma soprattutto – ed è qui che risiede la vera sorpresa – per la libertà concessa di poter commettere errori.
Questa riflessione è tanto vera quanto raramente scontata. Le parole di Andrea evocano quel prezioso dono che consiste nel lasciare spazio, libertà e fiducia all’altro, a tal punto che ci si sente “autorizzati” a tentare, mettersi in gioco e persino sbagliare.
Chi è genitore conosce bene la malsana tentazione di proteggere eccessivamente i propri figli dai possibili errori. Li preserviamo quasi ossessivamente da ogni potenziale inciampo, convinti (non si sa bene perché) che il fallimento, l’ostacolo o la fatica possano danneggiare il loro percorso. Questa “pulsione alla protezione” non si limita all’ambito familiare, ma si estende anche a quello professionale e sociale. Nella società dell’eccellenza e del successo, tendiamo a trascurare il valore di ogni sconfitta, quell’opportunità tutta umana di imparare dai propri errori. Investiamo molte risorse psicologiche e affettive (parlo almeno per me) per creare reti di sicurezza che impediscano ferite troppo profonde o cadute troppo dolorose. Chissà chi ci ha inculcato questa strana convinzione che si traduce poi nella necessità di erigere barriere e protezioni per paura del fallimento.
Eppure, c’è tanto da imparare da due ginocchia sbucciate, da due mani ferite e dal confronto diretto con i propri limiti; quanto è salutare riscoprire il valore dei nostri insuccessi, dei desideri non realizzati, dei sogni svaniti, dei progetti infranti. È gratificante sentirsi dire grazie per “aver avuto la possibilità di sbagliare”, perché proprio da lì passa il cammino di crescita e maturazione personale.









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