la risata di Hillary

Senza voler negare la gravità della situazione e la serietà dei problemi che ci troviamo ad affrontare, mi chiedo se, in fondo, la reazione più sana e corretta di fronte alle assurdità di Trump non sia (anche) una sana risata. Non intendo sottovalutare le cose, ma immaginare che si possano combattare anche con l’arma dell’ironia.

Questo pensiero mi è venuto in mente vedendo la risata aperta di Hillary Clinton quando un pomposo Trump annunciava, durante il discorso di insediamento, che il Golfo del Messico si sarebbe chiamato Golfo d’America. Questa “geniale” idea del neoeletto presidente degli Stati Uniti si affianca a quella di trasformare la Groenlandia nel cinquantunesimo stato dell’Unione e di riprendere il controllo del Canale di Panama. Forse, di fronte all’esaltazione collettiva che accompagna i primi giorni del nuovo presidente, una grande pernacchia può aiutare a mantenere il senso della misura e la giusta dimensione delle cose.

Ho ascoltato qualche minuto del discorso e si percepiva un clima da “fine della storia”, l’arrivo di una nuova era messianica, la promessa di un nuovo Paradiso: salvezza e ricchezza per tutti, libertà indiscriminata, rimozione dei vincoli e cancellazione di tutte le responsabilità collettive. Di fronte a tali proclami, l’arma della preoccupazione e della riflessione trova una singolare alleata nell’arma dell’ironia.

Quella risata nata sulle labbra di Hillary vale più di mille elucubrazioni e analisi. È stata un gesto di resistenza umana, ma anche politica. È stato un modo per dichiarare la stupidità e l’inconsistenza del pensiero, la vacuità della proposta, la risibilità della decisione. Lo so, non si può ridere di tutto. Molte cose richiedono azioni politiche concrete e non solo ironia. Eppure, non sottovaluterei la forza culturale e di resistenza di chi sa guardare con una sana distanza quanta retorica nazionalista e imperialista sembri avanzare oltreoceano (e anche a casa nostra). Mi piacerebbe che non prendessimo troppo sul serio, non la minaccia reale alla democrazia e ai diritti civili che questo movimento potrebbe portare, ma la retorica vuota, l’arroganza e la supponenza.

Servono anche l’ironia e la leggerezza per gridare che il re è nudo, che certe retoriche sono ormai vecchie e superate, che tali promesse sono risibili tanto quanto chi le pronuncia. L’ironia è lo strumento di chi sa che il potere si rafforza quando è preso troppo sul serio, quando diventa assoluto e indiscutibile di fronte alle folle che osannano il sovrano. Forse abbiamo bisogno di persone che restino lucide, presenti, pronte ad azioni responsabili e consapevoli, e, se possibile, capaci di quell’ironia che sa denunciare la bassezza culturale di chi detiene il potere.

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