a Valeria
Non ho mai vissuto l’esperienza drammatica di un terremoto; fortunatamente, la zona in cui vivo non è sismica. Non so cosa significhi sentire la terra tremare sotto i piedi, vedere i muri crollare e osservare cicatrici tracciate sui soffitti e sui pavimenti, la gente in strada, la fuga nel tentativo di trovare un posto sicuro. Non conosco la sensazione di percepire la casa, la tua casa, quel luogo in cui ti senti protetto e disarmato, trasformarsi da un nido caldo a un luogo insicuro. Non so quali emozioni possano assalire il cuore quando avverti quel senso di radicale precarietà che accompagna ogni scossa sismica, e poi quella successiva, e quella dopo ancora. È davvero difficile persino immaginare cosa significhi convivere con quel senso di pericolo per ore, interi giorni e infinite notti insonni, con i sensi sempre all’erta, pronti a reagire alla prossima scossa che potrebbe arrivare in ogni istante.
Non conosco tutta questa sofferenza; posso solo ascoltarla raccontata dalla televisione e dai social. Però conosco la paura, quel sentimento vigliacco che sequestra l’anima, che paralizza le membra, che toglie il fiato, che fa battere il cuore all’impazzata, come un cavallo che non riesci a fermare. Conosco l’angoscia dell’ignoto, dell’imprevedibilità del domani, quando tutto ti spaventa, tutto pare insormontabile, troppo doloroso, troppo difficile, troppo da sostenere e da affrontare. Si vive un sequestro emotivo difficile da descrivere a parole: si viene assaliti da un terrore profondo, incontrollato, pervasivo, così intenso da sfuggire al controllo della mente e alla razionalità del pensiero. È paura allo stato puro, un distillato di panico, smarrimento, terrore, sconvolgimento e accerchiamento.
Non ho mai trovato una vera risposta a questo sequestro emotivo e, forse, soluzioni rapide non ce ne sono. Una cosa, però, ho capito con il tempo: che in questi periodi di burrasca, occorre trovare un porto sicuro dentro di sé, un fondamento interno a cui aggrapparsi con tutte le forze. Serve andare all’essenziale, alla radice di tutto, a quel movimento semplice e radicale che ci tiene in vita. Non vi sono risposte esterne, spesso mancano punti di appiglio. Occorre tentare, se possibile, di riprendersi tra le mani, di afferrare quel nucleo incandescente e affidabile che ciascuno di noi porta dentro di sé. Per alcuni, quel centro possiede i colori della fede; per altri, è il punto sorgivo della propria soggettività; per altri ancora, è il calore della speranza umana che dimora dentro.
Non lasciamoci distrarre: qualunque nome diamo a questo nucleo della nostra esistenza, da qualunque prospettiva lo osserviamo, esso è epifania di quel Mistero della Vita che ci sostiene, con fiducia, nell’esistenza.









Lascia un commento