Chi è il Dio di Trump?

Chi è il Dio di Donald Trump? In quale divinità crede il nuovo presidente degli Stati Uniti? Questa domanda può sembrare stravagante, ma superando l’impressione iniziale, si rivela meno banale di quanto si possa immaginare. Nel mondo dei politici Teocon, fede e politica spesso si intrecciano profondamente, fungendo da pilastri che si sostengono reciprocamente. Numerosi sono gli esempi di questo singolare connubio tra religione e ideologia politica nell’era Trump.

Ad esempio, dopo un attentato in cui rimase ferito all’orecchio, Trump attribuì la sua salvezza a Dio, sostenendo che fosse stato divinamente protetto e incaricato di rendere nuovamente grande l’America. Inoltre, la prima riunione di governo della sua amministrazione si aprì con una preghiera collettiva insieme a tutti i ministri. Infine ha rimbalzato su tutti i social la foto degli uomini del presedente, raccolti nella Stanza Ovale, attorno al loro capo, moderno (e forse blasfemo) protagonista di una moderna versione dell’Ultima Cena di Leonardo. Di fronte a una simile ostentazione della fede religiosa, l’interrogativo sulla credenza spirituale del presidente diventa non solo legittimo, ma necessario.

Gli studiosi individuano nella “teologia della prosperità” la matrice culturale che ispira il Commander in Chief. Si tratta di una delle correnti teologiche più controverse e dibattute all’interno del mondo cristiano contemporaneo, nata prevalentemente in ambito neo-pentecostale evangelico. Questo movimento promuove l’idea che Dio desideri una vita prospera per i suoi fedeli, promettendo ricchezza economica, salute fisica e felicità come diretta conseguenza di una fede incrollabile e fervente.

Il “vangelo della prosperità” risuona fortemente nella cultura americana, in particolare nel concetto del “sogno americano”, dove il successo è visto come il risultato dell’impegno personale. Tuttavia, questa teologia ne offre un’interpretazione distorta e riduttiva, collegando il benessere non al lavoro e al sacrificio, ma alla semplice professione di fede.

I pilastri di questa teologia sono essenzialmente due: benessere economico e guarigione fisica. Secondo questa visione, Dio promette prosperità finanziaria ai credenti, e la ricchezza diventa un segno della grazia divina e della genuina fede. La malattia è spesso vista come una carenza di fede. Alcuni predicatori sostengono che la guarigione avvenga tramite la “confessione di fede”, cioè proclamando a gran voce versetti biblici, portando alcuni fedeli a evitare cure mediche in favore della sola preghiera.

Un’idea chiave della Teologia della Prosperità è il potere creativo delle parole: essa incoraggia a dichiarare il proprio benessere per vederlo realizzato. In questa logica, Dio assume quasi il ruolo di “esattore” obbligato a rispondere favorevolmente alle richieste di chi ha fede.

Uno degli aspetti più critici di questa teologia è la stigmatizzazione di poveri e malati. Se la prosperità è frutto della fede, chi non è ricco o sano viene visto come spiritualmente carente, favorendo indifferenza verso i sofferenti e riducendo il senso di solidarietà. Inoltre, la Teologia della Prosperità è spesso associata al neoliberismo economico, poiché legittima le disuguaglianze sociali: secondo questa visione, i ricchi sono benedetti da Dio e i poveri sono responsabili della loro condizione. Ciò crea una religiosità che giustifica le ingiustizie sociali e scoraggia l’impegno politico e sociale per il cambiamento.

Papa Francesco ha criticato ripetutamente la Teologia della Prosperità, definendola un “vangelo diverso” che offusca il vero messaggio di Cristo. Nel documento “Gaudete et exsultate”, il Papa avverte del pericolo di un cristianesimo ridotto a meccanismo di auto-aiuto e realizzazione personale.

La Teologia della Prosperità si presenta come una promessa di benessere immediato, ma rischia di trasformare la fede in una formula magica. Il Vangelo insegna che la fede non è uno strumento per ottenere ricchezza, ma un cammino di conversione, amore e servizio. Il Vangelo di Cristo non è un manuale per il successo materiale, ma un invito alla condivisione, alla compassione e alla speranza per tutti, in particolare per i più fragili.

pubblicato su il Cittadino del 26 marzo 2025

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