Che fine ha fatto l’America?

Visiti questa Nazione e ti chiedi dove siano finiti gli Stati Uniti. Cammini tra le sue strade, respiri l’aria delle sue città, e da qualunque parte ti giri hai l’impressione di essere nel cuore pulsante della Patria dei diritti, delle libertà, delle opportunità, del progresso, della ricerca. Ovunque, un inno instancabile alla diversità, all’integrazione, alla convivenza. Una celebrazione della pluralità che dovrebbe essere il marchio di fabbrica di una società avanzata. Eppure, qualcosa non torna.

C’è una discrepanza profonda — dolorosa — tra ciò che l’America proclama e ciò che sembra vivere. Una nazione che si è fatta simbolo dell’ideale democratico, del sogno condiviso, pare oggi spaesata, divisa, frammentata.

Viene naturale chiedersi: che cosa è andato storto? Dove si è smarrita la direzione? Dov’è finito quel cammino che, pur tra contraddizioni e conflitti, aveva una meta chiara, una tensione verso l’alto?

La risposta non è semplice, ma il nodo forse sta proprio lì: nella discrasia tra valori e pratica, tra ispirazione e prassi, tra l’ideale e la sua concreta realizzazione. È come se gli Stati Uniti avessero perduto la propria anima, dimenticato la propria missione originaria. Non quella economica o geopolitica, ma quella morale e culturale. Quella promessa di libertà e uguaglianza che non può mai essere data per scontata.

Ogni società, come ogni individuo, ha un passato da custodire. Una tradizione da alimentare, proteggere, tramandare. C’è una consegna che arriva da chi ci ha preceduti, un movimento di ricezione e trasmissione che non possiamo interrompere. Non è un automatismo. È un atto consapevole, quotidiano, fragile. Ed è proprio questo che sembra mancare: la consapevolezza che nulla di ciò che abbiamo — diritti, democrazia, rispetto reciproco — è eterno o garantito.

Vale per l’America. Ma vale anche per noi, per le nostre vite. Se smettiamo di interrogarci, se accettiamo lo status quo come inevitabile, se dimentichiamo il senso del nostro cammino, allora anche noi rischiamo di perdere la rotta. È un invito a non cedere al cinismo. A non lasciarci andare. A ricordare chi siamo. E soprattutto, a scegliere ogni giorno chi vogliamo essere.

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