In luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi

Era il 1934 quando T.S. Eliot compose La Rocca, un’opera teatrale scritta per raccogliere fondi destinati alla costruzione di una parrocchia a Londra. L’opera si compone di una serie di “Cori”, che affrontano temi come la desolazione esistenziale, il destino della Chiesa e la lotta tra il Bene e il Male, attraverso un linguaggio che fonde ironia e intensa drammaticità. È da questo testo che è tratto il titolo del Meeting di Rimini 2025, “In luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”, ed è sempre a questo testo che si è ispirato il ricco intervento di Mons. Erik Varden, vescovo di Trondheim e presidente della Conferenza Episcopale della Scandinavia.

L’Inghilterra di Eliot stava uscendo faticosamente dalla grande depressione ed era attraversata da un’imponente opera di ricostruzione materiale. Eliot osserva con sguardo critico questo poderoso slancio collettivo di ripresa, che rischia però di essere privo di anima, di direzione e di senso. “Chi in un momento storico simile di frenetica attività, in un clima simile, chi vorrebbe costruire chiese?” si chiede Erik Varden- “La chiesa di Eliot sembra che non sia desiderata nelle campagne e nemmeno nei sobborghi, in città solo per importanti matrimoni. La Chiesa, nella sua percezione, era ridotta o si era ridotta al mero ornamento di una società contenta di pensarsi autosufficiente, senza nessun bisogno di Dio.”

La denuncia del poeta anglo-americano è che esistano vuoti ancora più gravi e drammatici: devastazioni che non riguardano solo gli edifici, ma le anime degli uomini. “Il deserto è nel cuore di vostro fratello”, scrive Eliot, per sottolineare l’urgenza di una ricostruzione che non investa soltanto le pietre, ma anche lo spirito.

Eliot insiste sul fatto che ai suoi tempi sia emersa una novità inaudita: “Ma sembra che qualcosa sia accaduto che non è mai accaduto prima. Sebbene non si sappia quando, o perché, o come, o dove, gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dei, dicono, ma per nessun Dio.” Siamo nel 1934, e il secolarismo si profila all’orizzonte della storia occidentale come una realtà nuova e disorientante. Oggi questa eclissi del trascendente ci appare quasi scontata: la nuova norma è non avere più norme. Proprio questa crisi di senso spinge Mons. Varden a interrogarsi sul presente e sulle prospettive future. “Una volta che l’uomo non ha più il concetto di finalità, non è più spinto a cercare la comunione, neppure la convivenza. Mille vigili che dirigono il traffico non possono dirvi né perché venite né dove andate.”

Viviamo in un mondo che ha fatto dell’estraneità uno stile di vita. “Noi ai nostri giorni rompiamo legami reali o immaginari in vista di mera dispersione, guidati da nessun principio oltre l’interesse personale e spesso egoistico.”

È in questo scenario di desolazione e solitudine che, secondo il vescovo di Trondheim, si apre lo spazio per le comunità cristiane, chiamate a rappresentare quell’istanza di senso che la cultura odierna spesso rimuove. “Ognuno di noi è chiamato ad essere il ricordo visibile della luce invisibile. La chiesa che dobbiamo costruire noi prima di tutto è quella che fa di noi una dimora di Dio nello spirito. Fondamentale è che la voce dell’Assoluto risuoni in un mondo sedotto dalla banalità, ma anche stanco della banalità. La Chiesa ha il compito di mostrare alla società ciò che potrebbe diventare; per quanto insignificante possa apparire o ritenere di essere, essa costituisce tuttavia per tutta l’umanità il germe più forte di unità, di speranza e di salvezza.” Riprendendo le parole di Eliot, Mons. Varden ci invita a rimboccarci le maniche: “Dove i mattoni sono caduti, costruiremo con pietra nuova. Dove le travi sono marcite, costruiremo con nuovo legname. Dove le parole non sono pronunciate, costruiremo con nuovo linguaggio.” E conclude: “L’uomo per prosperare ha bisogno di una dimora, una dimora dove la luce è e rimane accesa. Per costruire tale dimora è necessario l’amore. L’amore è la fornace in cui vengono cotti i nuovi mattoni per resistere al passare del tempo e delle promesse vuote.”

pubblicato su il Cittadino del 2 settembre 2025

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