le bandiere di Boonton ed i nostri campanili

Come credo accada in molte cittadine statunitensi, anche a Boonton non mancano le bandiere americane esposte orgogliosamente fuori dalle case. Per un visitatore europeo, e ancor di più per un italiano, l’impatto è sorprendente: file di villette con stelle e strisce che sventolano nel giardino, accanto alla porta d’ingresso o appese alle verande. A volte si tratta di piccoli drappi discreti; altre volte, però, si incontrano installazioni talmente monumentali che farebbero invidia ai nostri patrioti più ferventi.

È qualcosa di più di una semplice decorazione. È un tratto identitario profondo. La bandiera, negli Stati Uniti, è un simbolo che unisce. In un Paese fatto di comunità che arrivano da ogni angolo del mondo, con lingue, storie e tradizioni completamente diverse, le stelle e le strisce sono il collante che tiene insieme milioni di persone. Ci sono minoranze linguistiche che parlano a malapena inglese, famiglie arrivate da continenti lontani, comunità che condividono pochissimo tra loro. Eppure, quel simbolo rosso, bianco e blu diventa un punto di incontro: una dichiarazione visibile di appartenenza, di destino comune, di identità nazionale.

Osservando tutto questo, ho pensato a quanto diversa sia la nostra esperienza italiana del “sentirsi comunità”. Per storia, cultura e mentalità, l’Italia ha costruito il suo senso di appartenenza in un modo quasi opposto. Non attorno alla bandiera nazionale — percepita spesso come distante, astratta, talvolta addirittura ingombrante — ma attorno al campanile, alla piazza, alla torre comunale. Il nostro legame nasce vicino, piccolo, quotidiano. Siamo, nel profondo, il Paese dei mille campanili.

Per secoli il collante delle nostre comunità non è stato un simbolo nazionale, ma la vita concreta condivisa sotto lo stesso campanile. Attorno ai bisogni materiali — sicurezza, lavoro, salute — e ai bisogni spirituali — la religiosità, le ricorrenze, i riti — si sono formate comunità vive, solide, capaci di sostenersi. Le difficoltà non sono mai state solo problemi individuali: erano un invito a stringersi, a condividere il pane, a bussare alla porta del vicino, a costruire reti informali ma fortissime.

La nostra via italiana alla convivenza non è stata mai individualistica. È stata comunitaria.
Nei paesi, nelle corti, nelle piccole frazioni, abbiamo imparato a custodire il senso di appartenenza non attraverso un simbolo nazionale esposto alla finestra, ma attraverso i gesti quotidiani: il saluto per strada, la sedia fuori di casa d’estate, la mano tesa nel bisogno, la festa del paese che unisce generazioni.

Guardare le bandiere di Boonton mi ha ricordato che esistono modi molto diversi di costruire un’identità condivisa. E’ bello pensare a quanto valore ci sia nella nostra eredità: nel sentirci parte di un luogo prima ancora che di uno Stato, nella capacità di trasformare i bisogni in comunità e le fragilità in legami.

Una replica a “le bandiere di Boonton ed i nostri campanili”

  1. Avatar souldeliciously063f58d770
    souldeliciously063f58d770

    Grazie Marco.

    Excellent comparison and very profound <3.

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