Confesso la mia completa incapacità di comprendere o almeno lontanamente intuire la folle violenza che muove certi gesti. Mi riferisco alla drammatica aggressione di una dozzina di giovani contro una ragazzina a Palermo, dopo averla fatta ubriacare e averle fatto perdere conoscenza. Il male esiste nel mondo e chi ha qualche capello bianco in testa conosce bene la sua presenza malefica, subdola ed incompressibile. Accadono cose contro ogni buon senso, contro ogni logica, contro ogni minimo sentimento di bene e di umanità. Le persone talvolta manifestano un tratto bestiale o forse anche questo aggettivo non descrive adeguatamente la cosa giacché non senti gesti simili nel mondo animale.
E la cosa che fa più male nel leggere certe notizie non è solo la giovanissima età dei protagonisti (tutti non più che ventenni), la brutalità dei gesti, l’assoluta mancanza di compassione umana ma, almeno per quel che provo io, la disumanità delle parole che pronunciano quando sono chiamati a rispondere dell’accaduto. Scrive in una chat uno degli arrestati: «Un po’ mi viene lo schifo perché eravamo ti giuro 100 cani sopra una gatta, una cosa di questa l’avevo vista solo in certi video. Eravamo troppi. Sinceramente mi sono schifato un poco, ma che dovevo fare? La carne è carne». Parole che danno il voltastomaco, che mettono nausea, che disgustano, che risvegliano in ciascuno di noi con un po’ di senso umano, un impeto di ira, vendetta e violenza.
Come è possibile che dei giovani siano arrivati a tanto? Che mondo abbiamo costruito se trovano spazio cosa del genere? Andiamo sulla luna, costruiamo armi potentissime e intelligentissime, sappiamo sconfiggere dei virus pericolosi e mortiferi e, nello stesso tempo, non siamo in grado di estirpare queste parole e questi atti dal cuore dei giovani? Si resta davvero basiti, pietrificati, annientati dal leggere certe cose…
Eppure delle parole prima o poi occorrerà pure trovarle, non è possibile lasciare che certi fatti marciscano nell’inconscio collettivo di una comunità, che infettino la nostra vita ed i nostri pensieri; non è possibile espellerle come fatti insensati, come fatti mai accaduti, né è lecito rimuoverli, dimenticarli o nasconderli. Questi fatti drammatici e dolorosissimi interpellano anzitutto le istituzioni, le agenzie educative ed i presidi sociali sul territorio. Ma credo che anzitutto interroghino ciascuno adulto che sia all’altezza di questo nome, ciascun uomo e donna che non vogliano rinunciare alla loro dignità, ciascuna persona che voglia continuare a fregiarsi dell’appellativo “umano”.
Certi fatti restano davanti ai nostri occhi come la triste testimonianza dei nostri fallimenti educativi, della nostra incapacità di aprire alla vita le nuove generazioni e della nostra inadeguatezza nel creare una comunità giusta e solidale. Certi fatti restano però davanti ai nostri occhi come uno stimolo a non mollare, a tenere il punto, a non desistere dal nostro impegno educativo, a non rinunciare alla nostra vocazione generativa e a non smettere di impegnarci e lottare perché ci sia un domani diverso per i nostri figli.









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