quei bravi italiani…

Non è la prima volta che le parole miti ma dirette del presidente Mattarella indicano con coraggio la direzione, il senso di marcia e la meta da raggiungere. Nel caos comunicativo della politica attuale, che ci ha ormai assuefatti ad una cacofonia di parole che genera solo disorientamento, il discorso di fine anno del presidente ci invita, per usare un termine sportivo, a guardare ai fondamentali della nostra vita civile e sociale, a porre attenzione davvero alle cose che contano, a quelle che rappresentano i pilastri irrinunciabili della nostra convivenza. Dobbiamo confessare che talvolta ci fa bene fare un passo indietro rispetto alla polemica politica quotidiana, spesso assai superficiale e strumentale, per non perdere di vista le cose importanti, quelle che fanno la differenza nella vita delle persone: la violenza e la pace, la salute ed il lavoro, i giovani ed il futuro, i diritti e la cura della marginalità, la partecipazione e l’impegno, sono i termini che hanno tratteggiato il discorso, come a tracciare un viaggio simbolico nell’Italia di questo fine 2023.

Una parola mi pare abbia rappresentato una sorta di filo rosso del discorso di Mattarella, un termine che a più riprese è emerso come un criterio decisivo, non solo per leggere la situazione attuale, ma anche per superare le diverse sfide che stanno di fronte a noi: il verbo riconoscere. Il mondo attuale – questa la lettura del presidente – è attraversato da profonde e intense ondate di violenza: “tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana.” È una violenza che prende forma nei conflitti ucraino e palestinese, ma pure nella brutalità verso le donne, nella rabbia delle periferie fisiche ed esistenziali, nella litigiosità delle relazioni familiari ed amicali. Questa ondata di violenza origina dalla fatica nel riconoscere la presenza ed il valore dell’altro. Essa “nasce da quel che c’è nell’animo degli uomini. Dalla mentalità che si coltiva. Dagli atteggiamenti di violenza, di sopraffazione, che si manifestano. È indispensabile fare spazio alla mentalità della pace. (…) Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera. Dipende, anche, da ciascuno di noi. Pace, nel senso di vivere bene insieme. Rispettandosi, riconoscendo le ragioni dell’altro. Consapevoli che la libertà degli altri completa la nostra libertà.” Ecco il cuore del problema: la violenza e la guerra nascono dal concepire la propria libertà come concorrente a quella degli altri. Questo porta a pensare al fratello come colui che toglie il pane, la terra, le risorse, ciò che serve per vivere. Mattarella ci sprona a guardare alla libertà dell’altro come a ciò che completa la nostra, la sua presenza come ciò che rende possibile il nostro presente ed il nostro futuro. “La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità.” È proprio grazie a questo reciproco riconoscimento, come uomini e donne dotati di pari dignità, che è possibile costruire una convivenza che non sia lotta, antagonismo e concorrenza.

Questo sguardo positivo, ma mai ingenuo, che riconosce nell’altro un fratello, è quanto rende fecondo l’impegno di ciascuno per il bene di tutti. “Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte.” Questo stile di abitare il mondo struttura la nostra comunità nazionale come luogo in cui sperimentare la forza dei legami e della convivenza pacifica. “L’unità della Repubblica è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale. Uno stato d’animo; un atteggiamento che accomuna; perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace”. Solo nella misura in cui riconosciamo la presenza e la dignità dell’altro, possiamo passare dall’io al noi, da un individualismo egoistico ad una socialità responsabile e generosa. È quella socialità che Mattarella vede già incarnata in alcuni testimoni luminosi dei nostri tempi: nelle gente di Cutro come nei giovani volontari in Emilia; nei protagonisti di Pizza Aut come nei cittadini di Casal di Principe ed in tutti coloro che “lontano dai riflettori della notorietà, lavorano per dare speranza e dignità”.  In costoro il presidente vede incarnati i valori che animano la nostra costituzione e che danno speranza e fiducia per il nostro domani, “perché le loro storie raccontano già il nostro futuro”.

Pubblicato su Il Cittadino del 4 gennaio 2024

Una replica a “quei bravi italiani…”

  1. Avatar Rita Canone
    Rita Canone

    Mi sono sempre chiesta perché non si sia mai pensato ad un referendum per tassare i grandi patrimoni o gli extraprofitti pur parlandone molto e poi un grande problema è la gestione delle spese dei politici e del mantenimento dell’intera baracca.
    Grazie per tutte le tue condivisioni che approvo in pieno. Un caro saluto
    RitaC

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