Nella penombra della chiesa silenziosa, seduto in una delle panche laterali in ricerca di un po’ di pace e quiete, in questa uggiosa mattina del venerdì santo, sento un bisbigliare dietro di me: riconosco le voci flebili di una nonna con il suo nipotino. L’attenzione del piccolo è catturata dalla grande croce che si trova di fronte all’altare spoglio, ancora coperta da un panno rosso, in attesa della celebrazione della Passione del pomeriggio. Il nipotino è incuriosito dalla strana atmosfera che si respira in chiesa questa mattina: le luci fioche, l’altare privo delle solite suppellettili liturgiche e un chiarore di lumini accesi provenienti dall’altare della reposizione che rendono ancora più austero e dimesso il resto dalla chiesa. Ed una grande croce che si impone nella navata centrale, proprio di fronte al presbiterio, che, nella semioscurità dell’ambiente, appara ancora più solenne e maestosa.
Di fronte alla perplessità del nipotino la nonna fa una cosa semplice ma, a suo modo straordinaria: pone al piccolo una semplice domanda “sai cosa è successo?”, riferendosi a quell’uomo appeso alla croce davanti a loro. E così la donna offre al nipotino lo spazio di un racconto, per dare parole a quello che si agita dentro la sua testa ed i suo cuore. Ecco che il bimbo inizia a raccontare di quell’uomo che si è lasciato “crocifissare” per amore dei suoi amici e di tutti gli uomini.
Sospendo i miei pensieri e resto concentrato su quelle parole così piane e profonde e spontaneamente mi sorge un dubbio: ma non è che quella vecchia nonna ha fatto la sola cosa davvero necessaria? Ossia restituire e tramandare al nipote il senso di un evento, il racconto di qualcosa che è accaduto, che è capitato nel corso della storia umana con una tale intensità da stravolgerla? La fede non possiede forse questa intrinseca dimensione mnemonica, o forse sarebbe meglio dire “memoriale”, in forza della quale una generazione racconta all’altra quegli eventi decisivi successi in Palestina? La fede non è forse ri-cordare (nel cuore) e ra-mentare (nella mente) «ciò che è accaduto in questi giorni» ossia «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso» (Luca, cap. 24).
Forse generare alla fede altro non è che permettere a ciascuna persona di “fare i conti” con quell’uomo singolare che era il Maestro di Nazareth, raccontando come è nato, come è vissuto e come è morto. Non c’è introduzione al mistero della vita senza questa “verità narrata”, senza quella catena di eventi e di accadimenti che ogni anno in questo periodo primaverile celebriamo. Prima che una morale, una filosofia o uno stile di vita, la fede è l’esperienza di un incontro con un evento, con un uomo, con una vicenda, che, comunque la si legga, resta una “una pietra di scandalo e un sasso d’inciampo”.









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