75 anni ed il fascino di un sogno!

75 anni anni e non sentirli, verrebbe da dire!

Oggi la nostra costituzione taglia il benemerito traguardo delle settantacinque primavere, mantenendo un patrimonio di idee, valori e prospettive che è ancora intatto e attuale. Riprendere tra le mani le sue pagine, le sue parole misurate e solenni, profonde e significative, non è solo un lavoro di archeologia della memoria ma un atto di riconoscimento della nostra identità personale e collettiva. Quelle pagine non raccontano solo chi eravamo e come siamo nati: esse testimoniano chi siamo, come è fatto il nostro DNA e ci indicano la direzione verso la quale siamo tutti chiamati a crescere e progredire.

Prendete per esempio l’articolo 3, a mio avviso un vero capolavoro dei nostri padri costituenti:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese..”

Paino parole scritte questa mattina, assumendo di avere ancora qualcuno con una tale profondità umana e culturale capace di scriverle..

In tre righe, sobrie, asciutte, solenni e grandiose, sono condensate secoli e secoli di cultura, movimenti di idee, sensibilità culturali, ideologie e valori religiosi, in una sintesi che può solo essere frutto di una straordinaria passione civile e repubblicana.

Risuonano tra le parole dell’articolo 3 l’egualitarismo illuminista (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale…senza distinzione”) insieme al personalismo cristiano (commovente il riferimento allo “pieno sviluppo della persona umana”) e poi quella parola “lavoratore” tanto cara al movimento socialista e comunista, con l’idea della sua partecipazione all’organizzazione pubblica  (“l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale”). Come poi non cogliere quei valori cari al liberalismo solidale, in nome dei quali lo stato non è un arbitro assente e distratto ma è impegnato a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che limitano “libertà e l’eguaglianza dei cittadini”.

Come dire? In tre righe ritrovate duecento anni di progresso sociale, di riflessione culturale, di passione politica, di lotta per la libertà e l’uguaglianza, l’emancipazione dei popoli e dei lavoratori, l’afflato alla partecipazione democratica, in una parola di protagonismo repubblicano.

Ecco, pensavo questo: questi due terribili anni ci hanno scosso e hanno fatto traballare la nostra giovane repubblica, minando al fondamento, quel vincolo di solidarietà che ci lega e ci costituisce come popolo. Esiste una via di uscita a questo tempo burrascoso? Esiste una “exit strategy” per ritrovare pace e concordia sociale, serenità e progresso? Forse si: guardando indietro, riappropriandoci di quelle parole che ancora raccontano la nostra dignità e la nostra vocazione di popolo. Quella carta testimonia, con straordinaria freschezza, il valore della nostra comunità nazionale e ci indicano, con sobria convinzione, chi siamo chiamati a diventare, qual è il nostro destino comune, quale il futuro che ci attende.

Leggetele con attenzione: quella carta non testimonia solo il nostro passato ma parla di un sogno, il nostro sogno, quello che i nostri Padri ci hanno affidato. È solo riscoprendo quel sogno che potremo ambire a diventare cittadini, cittadino di un popolo che riconosce nella parola “Italia” la sua cifra costituitiva.  

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