GMG e dintorni

Servono due premesse. La prima: ormai ho una età per cui la giovinezza è qualcosa che appartiene al passato e, benché abbia contatti frequenti e intensi con i giovani, guardo al loro percorso di vita con un certo sano distacco. Riconosco che questo è un fattore positivo (anzi direi necessario) per il loro accompagnamento ma che, in senso opposto, mi rende forse poco sensibile alle cose che fanno vibrare le loro corde.

Seconda premessa: non ho mai amato, manco in età giovanile, gli eventi di massa, sia che essi fossero concerti, raduni, assemblee o che altro. L’età matura non ha fatto che amplificare questa tendenza, per cui alla massa urlante e festosa preferisco un gruppo tranquillo e ridotto. Non che consideri questo un pregio o un difetto: credo sia solo questione di gusti e di sensibilità.

Ciò detto (in modo che a quanto scrivo di seguito si possa fare la giusta tara), confesso un certo disorientamento su quanto sta circolando in rete circa la GMG di Lisbona. Che la GMG sia un evento significativo per il mondo giovanile cattolico è un fatto indiscutibile: riuscire a radunare un milione di persone in una città per pregare, riflettere o semplicemente per incontrarsi, è di per se stesso un fatto miracoloso, se si considerano i tempi che stiamo attraversando. Convocare dei giovani per una proposta che vada al di là del divertimento e del piacere è un risultato difficile da ottenere e proprio per questo assai meritorio. Quindi non è in discussione, per quanto mi riguarda, la GMG. Tuttavia ho la sensazione che il racconto che noi mondo adulto stiamo facendo di questo fatto rischia di scadere nel surreale.

Ascolto trasmissioni e leggo articoli in cui si celebra questo evento con toni euforici e esaltati, attribuendo a queste giornate il potere di rinnovare la presenza della Chiesa tra i giovani, quasi fossimo alla vigilia di una nuova Pentecoste dello Spirito: almeno fosse così! Sento commenti del tipo “i giovani di Lisbona stanno cambiando la Chiesa”, oppure, testuali parole, “i nostri figli, qui a Lisbona, giocano la partita della vita” e via dicendo. Onestamente non so se sorridere o preoccuparmi. Ho la sensazione che si stia confondendo la realtà con il nostro desiderio, attraverso un meccanismo inconscio di proiezione febbrile.

Non intendo essere cinico o negativo ma è sufficiente frequentare una messa parrocchiale in qualunque chiesa italiana o lavorare con i giovani per capire che tutto questo entusiasmo rischia di fare poco i conti con la concretezza delle vita e la normalità delle esistenze. Davvero bastasse un incontro, pur anche con il papa, per intercettare e affrontare le profonde fragilità che attraversano il mondo giovanile in merito alla fede!

Non voglio fare analisi teoriche perché non ne ho le competenze, ma due cose mi paiono assolutamente cristalline se penso al mio cammino in compagnia dei giovani.

La prima: il problema drammatico oggi del rapporto fede-giovani è che la religiosità risulta essere una dimensione insignificante per le nuove generazioni. Non è che siano contrari o oppositivi, è che semplicemente la fede non dice più nulla alla loro vita, è un dato insensato, muto, irrilevante, inutile per la costruzione della propria identità e del proprio futuro. La sfida, che come comunità adulta oggi abbiamo di fronte, è quella di tentare di “tradurre” il Vangelo in un linguaggio che possa ancora parlare alle loro vite. Il compito primario di un educatore oggi (almeno per quanto mi riguarda) non è introdurre il giovane ad una morale, ad una serie di usanze e nemmeno ad un contenuto dottrinale. La sfida è far incontrare le nuove generazioni con la parola viva del Vangelo affinché i giovani ne possano scoprire la bellezza, la rilevanza e l’affidabilità anche per le loro vite.

E questo mi porta al secondo punto. Come è possibile farlo? In ogni esperienza di apprendimento (del linguaggio, del pensiero, del movimento, etc.) l’uomo impara principalmente per imitazione. Se ci pensate bene ogni nostro imparare possiede un intrinseco tratto mimetico: imparo a parlare perché la mamma ed il papà mi parlano; imparo a scrivere copiando quello che fanno gli altri; apprendo dei movimenti osservando quelli compiuti da altri e così via. La fede non è estranea a questa dinamica: anch’essa si apprende per assimilazione, per imitazione o per “copiatura”. Se così stanno le cose, allora il tema dei giovani interpella immediatamente noi mondo adulto: questi giovani hanno bisogno di vedere davanti a sé adulti nelle fede che vivono una vita bella, ricca ed appagante; hanno bisogno di vedere testimoni che attestano, con la loro vita, la credibilità e la sensatezza del Vangelo, persone che mostrano in prima persona che il Vangelo fa bene alla loro vita, dona compimento alla loro umanità, dona un senso ed un significato complessivo al vivere. Questi giovani hanno bisogno di vedere davanti a loro “adulti che fanno gli adulti”, che non regrediscono a forme adolescenziali ed emotive del vivere, ma che mostrano la possibilità di una vita di fede bella ed impegnativa anche per loro.

È proprio per questo motivo che usare accenti eccessivi per la pur meritevole GMG, rischia di far mancare il bersaglio al ragionamento. Induce ad illudersi che esistano ricette a basso costo, scorciatoie o via brevi che possano fare a meno della testimonianza della vita, della trasmissione quotidiana della fede e della esigenza di coerenza che il mondo giovanile chiede a noi adulti del 2023.

Una replica a “GMG e dintorni”

  1. Avatar Peo
    Peo

    Bello vedere un punto di vista differente… Io sono stato un “papaboy” del 2000 a Roma… E poi a Toronto, a Francoforte e a Sydney… Per me sono state il momento per rendermi conto che non ero uno dei pochi “giovani” forse non lo ero già più… Ma nel mio paesello ero solo… Vedere due milioni di persone come me che erano in un luogo perché si aspettavano un consiglio… Che nel 2000 fu… ‘non abbiate paura’ si forse un po’ banale… Ma lí un anziano fisicamente debilitato… Ci ha detto che era possibile avere fiducia nel futuro… Affrontarlo ed essere pronti ad accettare le difficoltà… Poi però Sydney mi ha mostrato un lato un po’ oscuro della chiesa quello dei tanti che cercano di arricchirsi sfruttando i giovani… Ecco quello è stato un momento triste in cui è davvero mancata la connessione al vangelo… Nessuno si è accorto del male fatto ma tanti di noi sono tornati cambiati… Forse più adulti e meno speranzosi… La GMG mi ha cambiato e tanto… Non servirà a cambiare il mondo oggi come allora ma può essere un momento da cui fare ripartire i giovani con coraggio e speranza. Roma è stato un momento unico… Ricordo ancora i tanti aiuti ricevuti dalle persone per strada… Credo sia stato uno dei momenti di chiesa vera vissuta perché sconosciuti ti volevano bene senza che tu potessi ricambiare… Così è stato a Toronto e così a Francoforte…

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a Peo Cancella risposta

I’m Marco

Benvenuti in questo mio piccolo spazio virtuale che vorrebbe offrire sosta e ospitalità a pensieri ed esperienze capaci di custodire il senso ed i sensi della vita

Let’s connect