Giovedì scorso la corte di cassazione ha depositato la sentenza 27539/2019 con la quale si stabilisce che il feto umano inizia a essere considerato persona dall'”inizio del travaglio”, e non già dal successivo momento del “distacco dall’utero materno”.
La sentenza conferma la condanna a carico di una ostetrica che era stata giudicata colpevole per la morte di un feto durante il travaglio. L’appello sosteneva che la morte colposa del bimbo dovesse essere valutata alla luce della legge sull’interruzione della gravidanza. La corte ha invece confermato la fattispecie di reato di omicidio.
È evidente che la sentenza, al di là del caso specifico che è stata chiamata a dirimere, ha un valore ben più generale, stabilendo di fatto il momento in cui il feto diviene persona e, in quanto tale, soggetto di diritti personali inalienabili. È solo quando il travaglio ha inizio che il feto assume lo status di persona. Quasi a dire: non quando la separazione della mamma è stata completata che si diventa uomini, ma quando questo stesso processo ha avuto inizio. La sentenza argomenta che questa decisione è in linea con “un quadro normativo giurisprudenziale italiano e internazionale di totale ampliamento della tutela della persona e della nozione di soggetto meritevole di tutela, che dal nascituro e al concepito si è poi estesa fino all’embrione“.
Eppure questa sentenza, pur dirimendo e chiarendo un punto controverso, rischia di introdurre un ulteriore interrogativo: per quale motivo questo ampliamento della tutela della persona, esteso anche al nascituro, si arresta al momento dell’inizio del travaglio? Perché il giorno precedente il parto al feto non vengono riconosciuti i medesimi diritti? Che cosa rende diverso il medesimo feto “prima” e “durante” il travaglio? In base a quale principio il feto assume lo status di persona all’inizio del travaglio e non quando si distacca dall’utero? O, per esempio, quando esce dal corpo materno o in un altro momento della sua fase di sviluppo?
Radicalizzando la domanda: quando un “grumo di cellule” diviene “umano”? In che momento vi posso riconoscere una persona? O, detto diversamente: la dignità umana è qualcosa che si può assumere e poi perdere? O è qualcosa che è intrinsecamente legata al nostro essere, già al momento del nostro concepimento? Esistono funzioni vitali, capacità, competenze, abilità, maturità di sviluppo, capaci di far passare un essere vivente da non-persona a persona o viceversa?
Forse sembreranno una serie di domande capziose ma, se ci pensate bene, in fondo si tratta di interrogarsi su cosa renda noi, esseri viventi, delle “persone umane”; dove origini la nostra dignità e dove si fondi il nostro valore.