l’espressività del gesto

Provate a pensare alle nostre giornate: esse sono piene, anzi dense, di un’infinità ed una varietà di gesti. Dal momento in cui mettiamo il piede giù dal letto al momento che ci facciamo ritorno, c’è un susseguirsi ininterrotto di azioni, movimenti, atti, atteggiamenti, mosse e cenni. Ogni giorno afferriamo, prendiamo e lasciamo, indichiamo, spostiamo, tocchiamo e sfioriamo, apriamo e chiudiamo, lanciamo e riceviamo, utilizziamo oggetti e li manipoliamo, assumiamo posture e usiamo le mani per gesticolare, muoviamo il capo e le braccia, utilizziamo l’espressività del viso per esprimere sentimenti ed emozioni. Alcuni gesti ci servono per sopravvivere, per provvedere al nostro sostentamento e alla nostra alimentazione. Altri gesti hanno una funzione un po’ più sofisticata giacché non si riferiscono ad una dimensione pratica e concreta. Questi particolari gesti diventano come delle finestre attraverso le quali esprimiamo chi siamo, lasciano trapelare la ricchezza dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti. Questa gestualità acquisisce una funzione rivelativa di chi siamo, esprime il nostro punto di vista sul mondo, racconta la nostra sensibilità e quella singolare emotività con cui abitiamo il mondo.

In fondo, se ci pensiamo bene, senza i nostri gesti, anche quelli più feriali e banali, saremmo un po’ meno noi stessi, giacché questi movimenti ci appartengono e afferiscono a quella parte intima di noi che definisce la nostra identità più vera e autentica. La cosa davvero straordinaria è che la nostra gestualità non è una sorta di “apparato scenico” a sostegno della parola, come se fosse un manto che ricopre il vero oggetto di valore. I gesti non sono abbellimenti estetici o solo rafforzativi della comunicazione. Essi in realtà sono assai di più: i gesti possiedono una loro intrinseca capacità comunicativa: essi sono “rivelazione di noi stessi” e non semplice sostegno o abbellimento di tale manifestazione. Ogni gesto “parla”, racconta, rivela, proprio con la stessa intensità e convinzione della parola. A volte addirittura con maggiore energia.

Anche l’esperienza religiosa possiede una propria gestualità, una serie di atti e di comportamenti che la connotano e che si sono strutturati dopo secoli e secoli di stratificazione e di condensazione. Ci sono millenni di vita che hanno codificato comportamenti, azioni e parole che sono giunti fino a noi come frutto di un tramandamento che ha origini lontane e remote. Eppure, in questa loro linea di tradizione storica, questi gesti sanno ancora tradire una prospettiva di senso, un modo di guardare le cose e di abitare il mondo. I gesti della fede custodiscono un patrimonio di sensibilità che è ormai divenuto talmente parte del nostro bagaglio culturale che fatichiamo a riconoscerne il valore e l’innata carica espressiva. È così che ci capita di ripeterli un po’ meccanicamente ed istintivamente, disconoscendo quel potenziale comunicativo che è loro proprio.

I “Gesti della Vita” è un libro che vorrebbe compiere un semplice ma accorato viaggio tra i molti e poliedrici gesti che abitano la nostra umanità e la nostra fede, tutte quelle azioni e quegli atti che accompagnano il nostro vivere ed il nostro credere e che scandiscono la nostra interiorità, come necessaria e imprescindibile manifestazione  corporea e sensibile di un Senso che ci precede e che ci interpella. Questo piccolo scritto vorrebbe essere un piccolo scrigno nel quale possano trovare posto le tante azioni ed atti che appartengono alla nostra vita, proprio in quelle soglie che la aprono ad un senso altro ed ulteriore.

Come scrive Roberto Vignolo nell’intrigante prefazione che fa da introduzione, il libro cerca di mettere a fuoco “alcuni gesti e pratiche elementari, per riscoprirne e gustarne il senso più pregnante e autentico. Spiacerebbe, infatti, che la vita ci passasse sopra la testa inavvertitamente, trovandoci per lo più distratti, troppo abitualmente in fuorigioco”.

Marco Zanoncelli, I GESTI DELLA VITA, edizione EDB, Bologna 2019. ISBN: 88-10-51375-4 – EAN: 9788810513750 – (in uscita ad ottobre)

questo articolo è uscito sul numero di settembre di LodiVecchioMese.


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