“Per precisare che cosa è l’invocazione invitiamo a pensare agli esercizi al trapezio che abbiamo visto tante volte, sulle piste dei circhi. In questo esercizio l’atleta si stacca dalla funicella di sicurezza e si slancia nel vuoto. Ad un certo punto protende le sue braccia verso quelle sicure e robuste dell’amico che volteggia a ritmo con lui, pronto ad afferrarlo.
Il trapezio assomiglia molto alla nostra esperienza quotidiana. L’esperienza dell’invocazione è il momento solenne dell’attesa: dopo il “salto mortale” le due braccia si alzano verso qualcuno capace di accoglierle. Nell’esercizio al trapezio nulla avviene per caso. Tutto è risolto in una esperienza di rischio calcolato e programmato. Ma la sospensione tra morte e vita resta: la vita si protende alla ricerca, carica di speranza, di un sostegno capace di far uscire dalla morte. Questa è l’invocazione: un gesto di vita che cerca ragioni di vita perché chi lo pone si sente immerso nelle morte.
L’invocazione rappresenta, nella nostra ipotesi antropologica, il livello più intenso di esperienza umana, quello in cui l’uomo si protende verso l’ulteriore da sé.
L’invocazione è una esperienza di confine. Essa è esperienza personale, legata alla gioia e alla fatica di esistere, nella libertà e nella responsabilità, alla ricerca delle buone ragioni di ogni decisione e scelta importante. Nello stesso tempo essa è già esperienza di trascendenza, spinta verso il mistero dell’esistenza.”
(S. Pinna e R. Tonelli)