“L’interiorità è lo spazio intimissimo e personale, dove tutte le voci possono risuonare, ma dove ciascuno si trova a dover decidere, solo e povero, privo di tutte le sicurezze confortanti nella sofferenza che ogni decisione esige. Circondati di silenzio, conquistato a fatica nel ritmo ossessivo della giornata, viviamo, finalmente, in compagnia di noi stessi.
Si tratta di una delle esperienze più difficili oggi. Abbiamo tutti una grande paura di restare soli e cerchiamo affannosamente gli altri che ci sostengano e ci servano di prezioso punto d’appoggio, quasi grembo materno a cui affidare la fragile nostre esistenza.
Spesso si tratta di una compagnia strana, rumorosa e distraente, come un pomeriggio domenicale passato in discoteca, che dura tutta la vita; vicini e tanto isolati, costretti ad urlare per farsi ascoltare, sempre male interpretati. Nel sottofondo musicale che distorce ogni voce. Ma ci va bene. Ci aiuta a non pensare: a non avere paura e a non essere costretti ad alzare le mani invocanti.
Qui è il punto. Quando siamo soli, faccia a faccia con la nostra finitudine, ci sentiamo costretti a cercare due polsi robusti a cui ancorare le nostre braccia alzate nell’invocazione. Ma questo ci fa soffrire troppo per risultare praticabile. Scopriamo di non bastare a noi stessi, noi che sappiamo tante cose e usciamo indenni da tutti gli inghippi. E ci accorgiamo che in fondo, nessuno dei nostri amici ci basta, per sopravvivere sull’onda del limite invalicabile della nostra fame di vita e di felicità.
Abbiamo paura di sprofondarci nell’abisso dell’oltre dove i conti non tornano mai. E così scappiamo dalla difficile ed inquietante compagnia di noi stessi.
La solitudine va invece riconquistata come condizione e spazio per l’interiorità. L’uomo e la donna che possiedono questa capacità di solitudine non sono più fatti a pezzi dalle mille impressioni che ci circondano e ci affascinano. Sono invece capaci di percepire tutto da un centro interiore in cui regna la pace.”
(S. Pinna e R. Tonelli)