È davvero faticoso reggere delle critiche, delle osservazioni fatte al nostro comportamento o a certi nostri atteggiamenti. Sembrano sempre un attacco la nostro valore, a quello che siamo, a quella parte di noi che percepiamo come preziosa ed indisponibile al giudizio degli altri.
È a maggior ragione faticoso accettare questa riprensione se sei un giovane ancora in crescita e fai fatica a distinguere quanto è detto “a te” e quello che è detto “contro di te”. La giovane età certo non aiuta a tollerare e gestire i limiti posti al nostro naturale ed istintivo narcisismo, sicché ogni parola che non sia in sintonia con le attese giunge sempre un po’ indigeribile.
Mi è successo anche ieri sera durante gli allenamenti di basket: Claudio è sempre piuttosto insofferente alle critiche e, se lo prendi “in giornata giusta”, rischi di essere mandato “a quel paese” nel giro di pochi secondi. E così infatti è stato. Puoi sforzarti di spiegargli che correggere un errore o un gesto atletico è solo un modo per aiutarlo a crescere e a migliorare e che, in fondo, il richiamo, checché ne pensi lui, è una forma di attenzione e di cura nei suo confronti e che l’algida indifferenza sarebbe decisamente peggio…ad una certa età certe cose le senti ma non le ascolti.. e forse è giusto così…
Mi è venuto in mente un vecchio sacerdote che ho conosciuto tempo fa che mi ammoniva che forse solo un padre (ma anche un allenatore, lasciatemi dire…) di un ragazzo adolescente può capire il cuore di Dio. Fai di tutto per lui e ti ritrovi sommerso da critiche, mugugni, lamentazioni, attacchi ed incomprensioni. “Il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto” diceva una pagina dei libro dei Proverbi cadutami sotto gli occhi proprio ieri mattina.
Penso che Dio patisca la medesima frustrazione e sofferenza: Padre di figli svogliati ed incostanti, che sentono ogni rimprovero come una minaccia alla loro libertà ed alla loro autonomia. Eppure come padri (o allenatori) dovremmo conoscere bene quella regola aurea di ogni educazione, secondo la quale la crescita è possibile solo nella misura in cui a ciascuno è offerto il modo di confrontarsi non solo con i propri limiti, ma con il senso del proprio limite. Il rimprovero è quel modo attraverso cui ogni padre (e Padre) ci spinge a riconoscere la verità della nostra persona affinché possiamo attivare percorsi di crescita.
Non si scappa da qui: non c’è amore vero e sincero senza correzione, senza quel gesto di rimprovero che ci spinge ad essere persone migliori.