“Nei momenti bui bisogna avere il coraggio di tacere”. È lo stesso silenzio che abita questo Sabato Santo; è il silenzio che abita tutti i Sabati Santi della Storia. C’è sempre un silenzio dopo la tragedia, la disperazione, il dramma ed il dolore. C’è un silenzio che occupa il tempo quando tutto è finito, quanto il pericolo è passato, quando il dramma è compiuto, quando il buio ha invaso l’esistenza, quando le tenebre si sono estese in ogni dove.
Il Cielo oggi è muto, come lo è sempre quando la morte ha ferito l’esistenza, quando la sofferenza ha piegato lo spirito, quando tutto è diventato un non-senso, un nulla apatico ed indifferente, triste ed incomprensibile. Il Sabato Santo è giorno di sospensione, di tragica quiete, di muta ed intima inquietudine: il tempo dell’accadimento è passato, i giorni della lotta sono finiti, le forze sono esauste, i volti stanchi, gli occhi stremati.
Eppure il Sabato Santo è anche il tempo della silenziosa attesa: c’è un presentimento di qualcosa che potrà accadere, il flebile sentimento di una speranza, la percezione che qualcosa sta per accadere, contro ogni logica, contro ogni ragione, contro ogni umana aspettativa. Il Sabato Santo è il silenzio che evoca una parola, un grido, un annuncio; è il grembo sterile che custodisce, nelle sue viscere più profonde, il seme di una nuova Vita, che germoglierà nonostante tutto, contro tutto, a discapito di tutto.
In questo giorno di passaggio ci è chiesto il coraggio dell’attesa, la sfrontatezza della speranza, l’audacia del domani, l’ardimento del futuro, l’impudenza della rinascita, perché ogni dolore, ogni lamento, ogni ferita possano divenire la feritoia attraverso cui intravedere il Nuovo che Accade. Buona Pasqua, amici miei.