che cos’è la felicità?

Che cos’è la felicità ? Ve lo siete mai chiesti? Oppure, semplificando la domanda: quando siete felici? Che cosa vi serve per sperimentare la felicità della vita, la pienezza della gioia, la letizia  dell’esistenza?

Confesso che la domanda è piuttosto difficile e non è semplice dare una risposta così su due piedi. Eppure non è una domanda frivola né stupida, giacché se c’è qualcosa a cui tutti noi aspiriamo avidamente nella vita, quella cosa è proprio la felicità. In fondo se chiedessimo a qualcuno: “che cosa cerchi nella vita?” forse la risposta più spontanea, sincera e, in qualche modo, sintetica, sarebbe: “un po’ di felicità”. E penso che sarebbe davvero la risposta più veritiera.

Capire esattamente cosa sia la felicità è una cosa assai complicata e difficile da esprimere a parole. Facevo questa considerazione leggendo sul giornale due ricerche che, casualmente, sono state pubblicate quasi contemporaneamente sui mezzi di stampa. La prima è stata resa pubblica nella giornata mondiale della felicità, indetta dall’ONU per il 20 marzo scorso. Si tratta della classifica dei paesi più felici la mondo. La classifica, ad essere onesti, non contiene sorprese o particolari novità: sul podio dei Paesi più felici, manco a dirlo, stanno Finlandia, Norvegia e Danimarca, i tre paesi nordici dallo standard di vita davvero invidiabile. Seguono (anche qui senza particolari sorprese) Islanda, Svizzera e Paesi Bassi. Fanalini di coda di questa competizione sono i “soliti noti”. Ultimo il Burundi, preceduto dalla Repubblica Centrafricana, dal Sud Sudan, dalla Tanzania e dallo Yemen. Dubito che qualcuno di noi abbia mai sognato di trasferirsi in uno di questi martoriati paesi. E l’Italia? Siamo al 47° posto. Prima di noi la Thailandia e dopo di noi l’Ecuador. In fondo verrebbe da dire “nulla di nuovo sotto il sole”: questi dati riflettono un po’ le valutazioni che, in modo un po’ approssimativo, potremmo fare tutti noi.

Eppure c’è un però. Come vi dicevo negli stessi giorni è uscita una seconda classifica, quella dell’Organizzazione mondiale della Sanità sul numero di suicidi nei diversi paesi. E qui le sorprese non mancano. Dopo una serie di poverissimi paesi africani, ecco comparire al 32° posto la felice Finlandia. Ma non basta: c’è poi l’Islanda (classificata 40ª), la Svezia (51ª), la Svizzera (61ª), l’Olanda (81ª) e la Danimarca, all’89° posto. L’Italia si trova al 142° posto, con un tasso di suicidi che è quasi un terzo di quello finlandese. Infine, rullo di tamburi: la Grecia, da anni in una gravissima crisi economica, è al 157ª su 183 posizioni.

Capite allora lo stupore ed il senso della mia domanda iniziale: “che cosa ci rende felici?” È chiaro che il benessere economico sia un fattore essenziale e determinante: lo prova il fatto che molti dei più poveri paesi africani si trovino in coda alla classifica della felicità ed in testa a quella dei suicidi. Ma la risposta non può essere così semplice e banale, altrimenti non ci spiegheremmo perché alcuni dei paesi con il più alto tenore di vita, livello di servizi, reddito pro-capite e protezione sociale, lambiscono il vertice della classifica dei suicidi. O, in senso opposto, come mai la popolazione greca, nonostante una crisi economica drammatica, sia il fanalino di coda nella triste graduatoria dei suicidi.

Verrebbe quasi da dire che il benessere economico c’entra con la felicità, ne è come un necessario prerequisito, ma non ne rappresenta il fattore qualificante. La ricchezza è una condizione necessaria ma non sufficiente per vivere una vita felice e piena. E qui torniamo al punto di partenza: cos’è quel “quid” che ci rende davvero felici? Qual è il fattore che ci rende gente contenta, anche se viviamo una vita povera ed insicura, modesta e priva di lussi e sfarzi?

Penso che ciascuno di noi potrebbe elencare una serie di motivi. Potrebbe essere il calore degli affetti, la gioia delle relazioni calde che ci accompagnano e ci sostengono: l’amore di una famiglia, la gioia dei figli, la consolazione dell’amicizia, la bellezza di un contesto relazionale in cui siamo inseriti e che è capace di dare colore alla nostra vita. O magari è la bellezza che ci circonda, la cultura nella quale siamo immersi, le meraviglie artistiche che ammiriamo e che ci disvelano quel lato amabile della vita che va al di là del nostro conto in banca e dei soldi che abbiamo nel portafoglio. Oppure potrebbe essere l’ambiente naturale, il “giardino” in cui viviamo, lo straordinario spettacolo della natura, lo splendore del mare e delle montagne, la bellezza dei laghi e dei fiumi, la meraviglia della campagna, dei campi, dei fiori e dei tramonti, delle sere stellate e delle onde del mare, il piacere della pioggia e del calore del sole sulla pelle. Ci sono tanti e tanti altri motivi che fanno di noi gente felice nonostante tutto. E poi ciascuno potrebbe aggiungere il suo personalissimo motivo, il suo “fattore di gioia”, ciò che gli rende la vita piacevole, al di là della ricchezza e dei beni.

Anch’io ho scoperto una personale ragione che ritengo essere alla radice della mia felicità, qualcosa che sia come la cifra sintetica della letizia e della serenità che sperimento. Forse, e qui le parole si fanno incerte e caute, è la possibilità di sperimentare un “senso” per la propria vita. È la felicità che nasce quando senti di avere una ragione per stare al mondo, per alzarti ogni mattina, per affrontare le difficoltà e le amarezze, per riprenderti quando sei caduto e procedere quando sei contento. Forse si è felici quando la ricchezza, gli affetti, la bellezza e la natura (o altro ancora) trovano posto in un orizzonte complessivo di senso della propria vita, quando diventano parti di un progetto più grande ed affascinante, misterioso ed eccedente. Forse si è felici quando si è trovato il proprio posto su questo pianeta, quando si può guardare al domani con fiducia e speranza, quando la Vita diviene qualcosa di talmente affidabile che sa andare al di là del fallimento e della morte.

Questo mio articolo è stato pubblicato sul numero di Aprile di LodivecchioMese


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